Pop Smoke rappresenta una delle icone del rap mondiale degli ultimi 10 anni, il 19 febbraio del 2020 muore a Los Angeles, divenendo leggenda a soli 20 anni.
Si è di recente parlato di chi sia effettivamente il suo assassino e, stando alle indagini della polizia e alle dichiarazioni del detective di LA (Carlos Camacho), sembra che questo abbia 15 anni.
Facciamo un passo indietro. Chi è Pop Smoke?
Nato a New York nel ’99 da genitori immigrati, Bashar Barakah Jackson, vive già da adolescente numerosi problemi legati a spaccio di droga e altri crimini. All’età di 16 anni viene costretto a due anni di arresti domiciliari per possesso di arma da fuoco. La sua vita sembra segnata, come quella di chi lo circonda, troppo difficile riuscire a uscire da determinati contesti. Nel 2017 trova però la sua strada e intravede un barlume nel buio della periferia newyorkese. Con i ragazzi della sua zona inizia a remixare alcuni pezzi celebri del rap americano, trova in loro una fonte di ispirazione reciproca, di chi ha ancora la speranza di poter svoltare la propria esistenza. La fortuna di Pop è stata quella di conoscere i produttori della scena drill britannica 808Melo, AXL e Yoz. Grazie a loro riesce a portare questo genere oltreoceano e a realizzare le prime vere e proprie tracce valide, data la sua propensione artistica nei confronti di questo genere. Nel 2019 pubblica “Welcome to the party”, poi remixata con Skepta e Nicky Minaj, ottenendo in poco tempo un successo mondiale. La sua carriera continua con collaborazioni degne di nota, con artisti del calibro di Travis Scott, Lil Tjay e Quavo. Nello stesso anno esce il suo primo mixtape “Meet the Woo“, dove spicca la sua celebre canzone, “Dior”. 50cent lo nota e decide di aiutarlo nella produzione di un album ufficiale. Riesce a ottenere featuring degni di nota, come con Drake ad esempio e inizia a lavorare con invidiabile professionalità a “Shoot for the stars, Aim for the moon“. Secondo il parere di Danny Scwartz di The Ringer “ha conquistato la scena rap di New York e ha dato alla città il tipo di stella già pronta e potenzialmente determinante che non si vedeva da anni”. Unire l’aspro e cupo suono della drill con i temi del rap rappresenta la chiave per essere apprezzato da tutti gli appassionati dei due generi.
Pentito del suo passato, raggiunta la maturità decide di attivarsi per cercare di migliorare la mentalità dei giovani del suo quartiere. Più di una volta non si è tirato indietro nel rilasciare dichiarazioni di motivazione verso gli stessi, invitandoli a non seguire la “strada delle gang”, e cercare di trovare il coraggio di dare un senso differente alla loro esistenza. Poco dopo la sua morte, la famiglia decide di mettere in piedi una fondazione benefica (“Shoot for the stars”), già ideata da Pop Smoke, che consiste in una piattaforma dove i giovani possono essere aiutati nel raggiungimento dei propri obiettivi ed a uscire da determinati contesti.
La morte: è il 19 febbraio 2020 e Smoke si trova nella casa ad Hollywood Hills in California. Verso le 4.30 di notte, quattro ragazzi incappucciati fanno irruzione nell’abitazione e uno di questi possedeva un’arma da fuoco. Nel tentativo di fare una rapina, partono più colpi verso Pop che evidentemente stava cercando di difendere la sua casa dal furto. Poco dopo degli sconosciuti chiamano i soccorsi, il rapper viene portato nell’ospedale Cedars-Sinai. Purtroppo per lui non c’è niente da fare e qualche ora dopo viene annunciata sua morte. Nel luglio successivo, la polizia di Los Angeles riesce a ritracciare i colpevoli e arresta cinque persone di cui quattro (due adulti e due minorenni) , ritenuti responsabili della sua morte.
Le indagini continuano e a distanza di più di un anno dall’accaduto, la polizia ha reso noti maggiori dettagli circa la sua morte. L’intento dei rapinatori era quello di rubare un Rolex tempestato di diamanti, in possesso di Smoke, che lo stesso aveva ostentato sui social. Durante la rapina Pop stava facendo la doccia, viene minacciato e inizialmente sembrava voler soddisfare la richiesta dei quattro. Decide però di ribellarsi provocando la brusca reazione del possessore dell’arma che non esita a sparare verso di lui. La quasi certa conferma, della colpevolezza del quindicenne, risulta appresa da una confessione dello stesso al suo compagno di cella. Le parole sono state registrate clandestinamente da un altro detenuto che le ha poi consegnate alle forze dell’ordine. Ora i maggiorenni rischiano la pena di morte, mentre restiamo ancora in attesa per la condanna del ragazzo minorenne.
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