Referendum del 29 marzo rimandato dal Consiglio dei Ministri: cosa cambia

Il referendum costituzionale programmato circa un mese fa per il 29 marzo viene rimandato dal Consiglio dei Ministri svoltosi la settimana scorsa. Il referendum sarebbe stato spostato a causa dell’emergenza COVID-19, per evitare l’aumento dei contagi.

“Con l’emergenza corona virus in corso è bene rinviare l’appuntamento alle urne per il referendum del 29 marzo. E sarebbe anche il caso di non accorpare la nuova data a quella della tornata elettorale per il rinnovo di cinque governi regionali”, si esprimono il giurista ed il costituzionalista Michele Ainis ed Alfonso Celotto. Giorgia Meloni, presidente di Fratelli d’Italia, la mattina del Consiglio si era invece dichiarata contraria al rinvio del referendum. Tuttavia, ha anche affermato che la sua posizione scaturiva da un giudizio strettamente politico e non sanitario.

Un nuovo consiglio è previsto entro il 20 di marzo, nel frattempo non ci resta che attendere un comunicato. “Ci muoviamo in un terreno ignoto. Un referendum già indetto non è mai stato spostato” affermava due giorni fa Stefano Ceccanti, deputato del Partito Democratico. La campagna referendaria è già iniziata da qualche giorno, ma molti incontri e manifestazioni sono stati annullati a causa degli sviluppi del virus.

Anche per questo motivo l’informazione ai cittadini non può considerarsi ottimale e si è scelto il rinvio. Già qualche settimana addietro, alcuni esponenti dei Radicali aveva proposto il rinvio a causa degli intralci alla campagna. Un’altra delle concause per questa scelta sicuramente la chiusura delle scuole annunciata il 04 marzo, edifici dove di solito si svolgono i voti.

Le elezioni regionali invece si svolgeranno forse il 17 maggio insieme alle amministrative. La difficoltà anche in quel momento sarà proprio quella di scegliere se optare per l’accorpamento dei voti. Chiedere la chiusura delle scuole per più volte vorrebbe dire far perdere agli studenti ulteriori giorni preziosi.

Il referendum, la cui nuova data verrà annunciata ufficialmente nei prossimi giorni, è un referendum costituzionale. Questo significa che si vota per decidere se una legge costituzionale approvata già per quattro volte dalle due camere debba essere inviata per la firma del Presidente della Repubblica per poi essere pubblicata.

Gli articoli della Costituzione modificai sono il 56, 57 e 59. Questi stabiliscono la composizione ed il numero dei deputati, dei senatori, e dei senatori a vita. Il numero scenderebbe a 400 per i deputati (8 dall’estero), per i senatori da 315 a 200 (4 dall’estero). Quindi, Si riducono del 36,5 per cento i componenti elettivi di Camera e Senato con 230 deputati e 115 senatori in meno.

L’articolo 59 della Costituzione invece verrebbe chiarito dalla riforma. L’articolo recita: “Il Presidente della Repubblica può nominare senatori a vita cinque cittadini che hanno illustrato la Patria per altissimi meriti nel campo sociale, scientifico, artistico e letterario”. Si era in passato discusso se i 5 senatori a vita potessero essere nominati da ciascun presidente della Repubblica (questo avrebbe portato ad un numero potenzialmente molto alto di senatoria vita) oppure avessero un tetto massimo nel numero, stabilito dall’articolo a 5. Con la riforma, i senatori a vita sarebbero esplicitamente indicati come massimo 5 contemporaneamente.

Alcuni pro e contro della riforma potrebbero essere i seguenti. Tra i pro, una maggiore efficienza e risparmio (tra i 57 e gli 82 milioni di euro annui). Tra i contro, la diminuzione della rappresentatività: banalmente, ad ogni voto espresso da un cittadino corrisponderebbe un numero minore di rappresentanti in parlamento. Questo andrebbe quindi a favorire i partiti più grandi rispetto ai partiti minori

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