In questi giorni concitati in cui tutti siamo alle prese con le misure di restrizione dateci dal Governo, fa scalpore la notizia degli scontri fuori e dentro le carceri italiane.
Da Nord a Sud, dal carcere di San Vittore di Milano all’Ucciardone di Palermo sono state infatti adottate norme di sicurezza che di fatto tendono ad eliminare fino al 31 Maggio le visite ai detenuti da parte dei familiari, degli avvocati e di chi, facendo parte di associazioni dedite alla tutela dei carcerati, vi entrano spesso e volentieri in contatto.
Misure serissime e ragionevoli, ma che hanno creato non poche problematiche.
A Roma alcuni detenuti hanno divelto una grata sul tetto del carcere di Regina Coeli, dalla quale stanno buttando cartoni, giornali e anche un materasso a cui hanno dato fuoco. Una rivolta si è accesa anche nel carcere di Foggia dove sarebbero stati oltre 50 in tutto i detenuti evasi: 36 quelli che sono stati bloccati poco dopo dalle forze dell’ordine.
Protestano i detenuti nel carcere di Trani battendo contro le inferriate delle celle gli oggetti che usano per cucinare e a Bologna circa 350 detenuti hanno occupato due sezioni. Le notizie più drammatiche arrivano però dalle carceri di Modena e Rieti, dove tra ieri ed oggi si contano dieci vittime proprio tra i detenuti, e le cause, nonostante sia stata aperta un’inchiesta, sembra vadano collegate ad un overdose di farmaci prelevati illecitamente dalle infermerie del carcere durante le sommosse. La situazione al di fuori delle mura carcerarie però non sono migliori, infatti in un momento già ponderoso si sono aggiunte le proteste dei familiari accalcati all’esterno delle carceri.
Secondo Domenico Pianese, segretario generale del sindacato di Polizia Coisp “La contemporaneità delle rivolte all’interno delle carceri italiane lascia pensare che ciò a cui stiamo assistendo sia tutt’altro che un fenomeno spontaneo. C’è il rischio che dietro le rivolte possa esserci la criminalità organizzata”. Sembrerebbe quindi che dietro le rivolte degli ultimi giorni non vi sia apprensione per le condizioni sanitarie, né per l’impossibilità ad ottenere colloqui fino a fine Maggio.
Tuttavia questa esperienza, se pur tragica, serve al nostro Paese per rendere ancor più evidente la situazione all’interno delle nostre carceri. Non si parla solo del sovraffollamento, per cui i vari esponenti politici stanno individuando soluzioni più o meno adeguate, bensì di una falla nel sistema carcerario e giudiziario, che non consente di adempiere al solenne principio sancito dalla nostra Carta Costituzionale, ossia la rieducazione del condannato. Se il carcere dovrebbe essere il luogo della rieducazione, è evidente, qualunque siano le motivazioni che abbiano spinto a compiere tali sommosse, che il sistema ha fallito
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