Negli ultimi anni ci siamo resi conto della necessità di cambiare il modo in cui produciamo, la conquista dei mari da parte della plastica è inesorabile. Cosa ha causato l’uomo, cosa si sta facendo e cosa possiamo fare per rallentarla?
La grande isola di spazzatura, prevalentemente plastica, che si trova al largo dell’oceano Pacifico, non è un’isola. Si sbaglia a pensare che si tratti di uno spazio piuttosto definito, dove sarebbe facile raccogliere e riciclare la materia galleggiante. La concentrazione anomala di plastica studiata ormai da anni dalla fondazione The Ocean Cleanup è composta da frammenti di plastica di ogni origine e dimensione, tra cui le dannosissime microplastiche, invisibili e difficilissime da recuperare. La superficie della zona critica all’interno del Pacifico si aggira intorno ai 1.6 milioni di chilometri quadrati, tre volte l’area dello stato della Francia.
La fondazione dal 2013 immagazzina dati e si adopera per raccogliere tonnellate di plastica dai nostri mari, e dovrebbe per la fine del 2020 riuscire a lanciare una gamma di prodotti provenienti dalle plastiche riciclate, per dare una seconda vita alla plastica gettata in acqua.
Un altro progetto che mira all’eliminazione dell’impatto negativo dell’inquinamento di plastica sul nostro pianeta è Plasticbank. Partendo da paesi in via di sviluppo (con iniziative nelle Filippine, in Indonesia e ad Haiti), mira ad abbattere la povertà attraverso la raccolta di plastica da parte delle comunità locali, monetizzando la spazzatura.
Anche alcune grandi compagnie aeree si preoccupano della salute del pianeta, invitando i loro consumatori a donare una piccola somma per diminuire l’impronta inquinante del loro volo. Ancora, Starbucks, Amazon e altri giganti hanno diminuito le dimensioni dei loro imballaggi diminuendo al minimo il contenuto di plastica. Sono nati locali che utilizzano unicamente piatti e stoviglie in materiali compostabili o biodegradabili, e bandiscono l’utilizzo di cannucce di plastica nei loro drink, preferendo quelle in vetro o metallo.
L’Europa ha vietato ogni tipo di plastica monouso a partire dal 2021. Per saperne di più http://plasticfreeeurope.org/.
In Olanda, vi potrà capitare di pagare un prezzo più alto all’acquisto di prodotto in bottiglie di plastica o vetro. Questo sovrapprezzo, tuttavia, vi verrà restituito sotto forma di coupon qualora riportiate il contenitore nel supermercato una volta terminato il suo uso.
In Italia, negli ultimi anni sono state avviate svariate iniziative a livello locale e nazionale che puntano all’eliminazione della plastica monouso. Un esempio è l’utilizzo, in molti atenei italiani, di borracce in alluminio che vengono distribuite gratuitamente agli studenti. Le borracce possono poi essere riempite in apposite fontanelle all’interno degli spazi universitari, in modo da evitare inutili sprechi.
All’interno dei supermercati si utilizzano poi da qualche anno esclusivamente buste compostabili, anche se in merito qualche problema rimane. Infatti, fatta eccezione per qualche supermercato, le etichette che devono essere applicate sulla frutta e verdura una volta pesate restano non adatte ad essere compostate. Questo rende le buste inutilizzabili per il compost, a meno che non si elimini preventivamente l’etichetta (difficilissimo da fare senza danneggiare la busta). E non solo, le buste biodegradabili sono distribuite facendo pagare agli utenti un prezzo maggiorato rispetto alle loro antenate di plastica. L’utilizzo di materiali e comportamenti eco-friendly non dovrebbe essere incentivato?
Infine, cosa possiamo fare noi utenti nel nostro quotidiano per unirci al movimento PlasticFree (senza plastica)? Possiamo preferire prodotti sfusi al supermercato, munendoci di contenitori portati da casa, o cercare di evitare gli alimenti con bustine monoporzione. Altre semplici azioni che possono fare la differenza sono, ad esempio, utilizzare saponette invece che saponi liquidi in plastica e preferire spazzolini da denti in bambù. Non dimentichiamoci di riutilizzare la plastica che già possediamo prima ancora di riciclarla. Con una piccola attenzione in più alle nostre abitudini, possiamo insieme evitare che quella grande massa nel Pacifico si allarghi ancora.
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