“Nel buio dell’incoscienza correvano voci incontrollate e pazzesche. Si diceva che il vaccino AstraZeneca ne stesse uccidendo 20 ogni singolo che salvava, e che il vaccino aveva ammazzato perfino il principe Filippo mentre questi giocava a padel, nonostante lui, il vaccino, non se lo fosse fatto”.
Prendiamo in prestito lo scheletro della intramontabile frase della Corazzata Kotiomkin di Fantozzi per ironizzare su quanto accaduto negli ultimi 5 giorni in Italia, su cui, in verità, non ci sarebbe nulla da scherzare.
Al posto della Corazzata Kotiomkin, a tingere di buio la verità dei fatti, ci sono i bombardamenti massicci di titoli giornalistici fuorvianti, servizi telegiornalistici a metà e, forse soprattutto, dosi inappropriate di informazione sommaria da social network. Se ne son viste di tutti i tipi, ieri ho ricevuto su Whatsapp un messaggio contenente una confessione da parte di un premio Nobel giapponese, esiliato dalla Cina (?) per aver rivelato la provenienza artificiale, da laboratorio del virus, con la precisa doppia intimazione a tener segreta la vicenda per proteggere lui, ma a inviare la notizia a tutti i contatti stretti, per proteggere loro.
Un articolo da parte di una delle più importanti testate nazionali, al limite del surreale, riportava nel titolo questo passaggio: “Ho il vaccino e sto male, sono preoccupato. Ma nessun allarmismo”. Un altro: “Muore investito da autobus. Aveva appena fatto il vaccino”.
Pare che la confusione regni sovrana: massacrate dall’opinione pubblica dopo i grandi titoloni di venerdì scorso, al cui massacro abbiamo contribuito anche noi, pare che alcune fasce di giornalismo siano rimaste impietrite tra la deformazione professionale all’allarmismo e il nuovo ordine ricevuto di evitarlo, che ha evidentemente creato cortocircuiti tali per cui ci si contraddice nella stessa frase, o si accostano eventi slegati tra loro.
A parziale discolpa dei media, che sto accusando senza distinzioni, mentre tali distinzioni andrebbero fatte, visto che c’è ancora una buona fetta che si dissocia da questo tipo di informazione sommaria, vi è il fatto che la contraddittorietà rispecchia tutto sommato le più recenti decisioni governative: AIFA segue a ruota Francia ed Inghilterra e annuncia la sospensione temporanea e precauzionale della somministrazione di AstraZeneca, circa 18 ore dopo aver annunciato l’assenza di rischi legati a detto vaccino, con un altro comunicato ufficiale.
Oltre alle richieste, si può dire anche ragionevoli, di dimissioni immediate da parte dei vertici, ci si chiede perché e che cosa sia successo. Le opzioni sono essenzialmente tre: un rinvenimento, nell’analisi dei dati, di un’incongruenza che non poteva essere ragionevolmente neppure prevista, tale per cui sospendere in via precauzionale il tutto; un errore nelle analisi che ha cagionato, erroneamente appunto, o il messaggio di via libera del giorno prima, o quello della sospensione il giorno dopo; una decisione di tipo politico, e dunque soggetta ad apprezzamenti di tipo strettamente politico.
Lo scaricabarile a cui si assiste nei giorni seguenti, in cui Palù, presidente AIFA, sostiene che lui assolutamente mai avrebbe voluto che la vaccinazione si interrompesse, Speranza sostiene che nemmeno lui ha nulla a che fare con la decisione e Ricciardi, consigliere tecnico di Speranza, addirittura attacca la scelta, ci suggeriscono che l’opzione corretta è la terza e che la decisione probabilmente non ha avuto natura scientifica. A maggior ragione considerato che gli esami dei giorni successivi hanno rivelato che non vi è alcun legame tra le morti sospette e le vaccinazioni.
C’è chi ha parlato di soggiogazione europea, ma la mia personalissima opinione è che le ragioni della sospensione possano risiedere in alcune falle presenti nell’infrastruttura “vaccinale”. Vi sono dei problemi di per sé ingenti, che vengono amplificati enormemente da una psicosi collettiva verso il vaccino: la poca flessibilità tra le fasce di vaccinati e la tanta burocrazia da compilare fanno sì che non sia così semplice sostituire i pazienti che disdicono l’inoculazione e vi è inoltre il rischio d’incorrere in responsabilità oggettiva per i vaccinatori, per i quali, che son naturalmente spaventati dalla possibilità di esser perseguiti, il bombardamento mediatico sulle morti non è certamente un incentivo.
A valle di queste falle, che verranno in ultima istanza coperte, visto che si sta parlando assiduamente di scudo penale per i vaccinatori e di una semplificazione delle procedure burocratiche, può essere che l’AIFA abbia preso tempo per un paio di giorni, nella speranza che un’interruzione seguita da una smentita ufficiale riguardo ad alcun tipo di pericolosità avrebbe funto da rassicurazione generale ed evitato il rischio di uno spreco folle di dosi gettate perché inutilizzate e non nuovamente congelabili. Erano girate notizie allarmanti negli ultimi giorni, in cui si parlava di numeri intorno alle decine di migliaia di dosi buttate quotidianamente.
Il problema è che ogni giorno di ritardo si paga con centinaia di morti e che il principio di precauzione, che ho visto venir citato a destra e a manca a giustificazione della decisione di AIFA, ha un’applicazione che va osservata con attenzione, in questa ipotesi.
Esso impone in generale di prender decisioni a tutela della salute pubblica, anche quando il pericolo per la salute pubblica non sia accertato al 100%, per precauzione, appunto. Tuttavia, il principio generalmente si occupa di aggiungere peso al piatto della bilancia contenente la salute pubblica a fronte di un conflitto di interessi nel quale i due interessi sono la salute pubblica da un lato e qualsiasi altro interesse dall’altro. Ad esempio, a fronte di un pericolo anche solo ipotetico che una carne possa creare qualche tipo di problema di salute quando ingerita, il principio di precauzione impone la sospensione della commercializzazione, anche se questo danneggia certamente l’interesse economico della ditta.
Nel caso di specie, in cui in entrambi i piatti della bilancia si colloca la salute pubblica, il principio di precauzione suggerirebbe invece di privilegiare la tutela rispetto al rischio certo, piuttosto che rispetto a quello ipotetico. Ora si attende il riavvio delle vaccinazioni AstraZeneca da parte di AIFA, nella speranza che la prossima volta che nel buio si prendono decisioni avventate, qualcuno si alzi e finalmente lo gridi, forte e chiaro, che cos’è la Corazzata Kotiomkin, alla Fantozzi.
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