Sul proprio sito ufficiale l’Organizzazione non Governativa “Amnesty International” annuncia la nuova conquista sociale del Ciad. Infatti, secondo quanto annunciato dal Ministro della Giustizia Djimet Arabi, il 29 aprile scorso il Parlamento dello Stato africano ha approvato la riforma che prevede l’assoluta abolizione della pena di morte.
Per essere più precisi, già nel 2017 il Ciad aveva fatto passi importantissimi in questa direzione, sancendo il divieto di irrogare la pena capitale in tutti i casi, ad eccezione di coloro che si sarebbero resi colpevoli di reati di terrorismo.
Questa esclusione non fu affatto casuale. Appare difatti inutile ribadire quanto in Africa il terrorismo sia una piaga fortemente avvertita dalla popolazione e, di conseguenza, dalle Istituzioni stesse.
Pertanto, al fine di non indebolire l’effetto deterrente della pena di morte, il Parlamento aveva deciso di espungere i crimini di tale natura dalla riforma.
Tuttavia dobbiamo sempre tenere a mente quelli che sono gli ormai centenari insegnamenti di dottrina penalistica vertenti su questo tema. Sono state scritte infatti innumerevoli pagine sull’efficacia dissuasiva che la pena capitale porterebbe con sé, mettendo così in dubbio l’utilità, oltre che la moralità, della pratica in parola.
Se queste osservazioni sono sicuramente vere, anche perché confermate da diversi studi di psicologia criminale portati avanti nel corso degli anni, è probabilmente ancor più vero che la pena di morte ha addirittura meno valore deterrente nei casi di terrorismo.
Infatti siamo tutti bene a conoscenza del fatto che gli atti terroristici sono opera di fanatici che, ottenebrati dai diktat della propria religione, agiscono secondo un discutibile “bene superiore”. Così molto spesso i terroristi o antepongono lo scopo della missione alla loro stessa vita o, ancora, ritengono che incontrare la morte in un tale scenario consista addirittura in un premio, il quale concederà loro la serenità assoluta nell’aldilà.
Da questa breve analisi consegue, alquanto logicamente, che minacciare tali criminali con la pena di morte non ha praticamente alcun significato pratico, se non quello di allungare la catena di violenza e odio.
Ed ecco che allora la decisione con cui il Parlamento del Ciad ha optato per l’espunzione definitiva della pena capitale dal proprio sistema giudiziario appare assolutamente razionale e condivisibile.
Per l’ufficialità della riforma bisogna ancora attendere l’approvazione da parte del Presidente Idriss Deby. Tuttavia, considerando che i parlamentari favorevoli al disegno di legge hanno fatto chiaro riferimento allo stesso Deby, appare facilmente intuibile che il sì presidenziale è poco più di una mera formalità
Solo qualche settimana fa scrivevamo dell’abolizione della condanna a morte nel Colorado, negli Stati Uniti. Notiamo dunque con soddisfazione che un sempre crescente numero di paesi sta intraprendendo la strada virtuosa che conduce all’umanizzazione della pena e del trattamento dei condannati.
Questo percorso non è tuttavia completo nemmeno nei casi in cui la pena capitale è proibita: infatti, al fine di rendere il sistema delle condanne in linea coi principi di umanità, sarebbero necessari ulteriori passaggi, quali per esempio il miglioramento delle condizioni all’interno dei penitenziari (aspetto in cui l’Italia, per esempio, non brilla affatto).
In conclusione, tenendosi ben strette importanti conquiste come quella conseguita dal Ciad, non bisogna al contempo ritenersi sazi degli obiettivi raggiunti. Soltanto attraverso una continua tensione verso il miglioramento ci si potrà finalmente conformare in concreto ai dettami della ragione e del senso civico.
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