Antinori torna in carcere. Guru della fecondazione assistita arrestato per aver ‘rubato’ gli ovuli

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Torna a Regina Coeli Severino Antinori, uno dei ginecologi più famosi per la fecondazione assistita. In Italia è un nome, un pioniere, le sue cliniche tra le più richieste. Ora è accusato di rapina aggravata e lesioni personali ai danni di una ragazza di 24 anni che lavorava presso la sua clinica milanese e che si era sottoposta a un intervento per una cisti ovarica. Per un anno è stato interdetto dall’esercizio della professione medica e sequestrata la sua clinica, Matris, a Milano.

Una storia che ha dell’incredibile e che forse necessita ancora di molti chiarimenti. Due differenti le versioni del ginecologo e della ragazza ma andiamo per ordine, cominciando dalla fine. Il medico è ora in cella per aver violato il divieto di comunicare con persone diverse da quelle con cui vive e che lo assistono. Durante l’interrogatorio di garanzia aveva dichiarato di aver conosciuto la ragazza in Spagna e di aver raggiunto con lei un accordo per il prelievo degli ovuli in previsioni della fecondazione eteronoma, nuovamente possibile anche da noi. Al contrario la giovane donna  dichiara di non aver dato alcun assenso e di essersi semplicemente sottoposta, dopo una lunga cura sempre seguita da Antinori, ad un intervento per cisti ovarica. In questa occasione, ad aprile 2016, le sarebbero stati espiantati forzatamente ovuli, con la complicità di due strette collaboratrici. Un vero e proprio furto quindi.

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La 24enne – spiega il suo legale, Roberta De Leo, dell’associazione Dad onlus che sostiene le donne che subiscono violenza – era giunta in Italia dopo essersi laureata in Scienze infermieristiche, e aveva conosciuto direttamente Severino Antinori (oggi posto agli arresti domiciliari per la vicenda) in circostanze non precisate. Lui – prosegue il legale della donna – le avrebbe proposto di lavorare nella sua clinica e lei avrebbe accettato per lo stipendio, particolarmente allettante per una neolaureata”. Una volta iniziato il suo lavoro avrebbe esposto al medico il suo problema di cisti ovarica e lui le avrebbe proposto una cura ad iniezioni, scongiurando così qualsiasi intervento. Quando invece le ha proposto la necessità di una operazione, lei si sarebbe rifiutata e costretta ad operarsi con la forza.

Una volta nella clinica, avendo lei esposto un problema relativo a una cisti ovarica, Antinori si sarebbe offerto di assisterla con delle iniezioni. Iniezioni che sarebbero dovute servire a eliminare la cisti senza un intervento. Invece, il 5 aprile, si sarebbe trovata di fronte alla richiesta di essere operata. Lei avrebbe rifiutato, e a quel punto sarebbe stata costretta a subirlo. Secondo quanto dichiarato dalla ragazza sarebbe poi stata immobilizzata e anestetizzata senza il suo volere, costretta a subire l’asportazione di ovuli e privata del cellulare così da non poter avvisare nessuno. Dopo l’intervento è stata riportata nel suo hotel e dopo qualche ora si è sentita male, portando il personale dell’albergo a richiedere l’intervento del 118 che l’ha portata presso la Clinica Mangiagalli, dove i medici e le operatrici del Soccorso violenza sessuale, hanno avuto ben chiaro il quadro della situazione.  Gli accertamenti condotti hanno poi confermato l’intervento di prelievo di ovuli oltre che uno stato confusionale dato dall’idea dell’asportazione di ovuli destinati a terzi. Sulla ragazza anche segni evidenti di manovre di immobilizzazione per l’anestesia forzata. Dopo la denuncia e i militari hanno sequestrato 6 embrioni, derivati dalla fecondazione degli ovociti prelevati alla ragazza e destinati ad essere impiantati il giorno successivo a pazienti di Antinori. Sono stati ritrovati anche moduli firmati dalla ragazza sul consenso informato. Una firma che però non coincide con quella sua reale.

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