L’haji, il quinto pilastro dell’Islam consistente nel pellegrinaggio obbligatorio alla Mecca, subirà forti limitazioni a causa dell’emergenza legata al Coronavirus. Questo evento attira infatti numerosissimi fedeli provenienti da tutto il mondo e, nonostante i voli internazionali siano ripartiti quasi completamente, una affluenza di questa entità così improvvisa complicherebbe naturalmente la gestione e il contenimento dei contagi all’interno dell’Arabia Saudita.
L’Arabia Saudita ha registrato fino ad oggi circa 100000 persone infette, il che fa intuire agevolmente come la situazione non sia affatto da sottovalutare.
Alla luce di queste ragioni, le autorità del luogo hanno deciso di limitare notevolmente la partecipazione a questa usanza, permettendo l’accesso soltanto a coloro che risiedono stabilmente sul territorio dell’Arabia, a prescindere dalla loro nazionalità.
L’haji prenderà il via a luglio e comprenderà diversi rituali (tra i quali si annoverano anche sacrifici di capre, pecore e cammelli) e diverse visite – alla Grande Moschea e al Monte Arafat per esempio- che si estenderanno durante l’arco di un’intera settimana.
Questo evento affonda le sue radici nel lontano 630, e sin da allora si svolge con regolare continuità, anche se già in altri momenti era stato sospeso o contingentato per motivi politici o sanitari. Il 2020 sarà comunque il primo anno in cui l’haji soffrirà delle limitazioni a partire dal 1932, data che ha segnato la fondazione della moderna Arabia Saudita.
Visto dall’esterno o, per meglio dire, dal mondo occidentale, questo provvedimento non appare essere ragionevole in quanto molto verosimilmente non sarà sufficiente a far fronte alla diffusione del Coronavirus. In quell’occasione gli assembramenti saranno inevitabili e le distanze di sicurezza impossibili da rispettare, il che farà impennare il numero dei contagi.
È comunque doveroso, nell’analisi di questa tematica, immedesimarsi nella prospettiva della religione islamica, per la quale il rispetto dei precetti dettati dalla fede assume un valore di gran lunga superiore a quello avvertito attualmente nelle comunità cristiane.
Ed è proprio a questa differenza di percezione che si deve ricondurre la maggiore facilità con cui gli europei hanno rinunciato alle proprie tradizioni religiose in questi ultimi tempi, su tutte la Via Crucis che si sarebbe dovuta celebrare nel mese di aprile.
Tralasciando l’aspetto dell’intensità del sentimento religioso, dobbiamo in conclusione menzionare le ingenti perdite economiche che saranno registrate dall’Arabia Saudita. È facile infatti immaginare che un tale spostamento di massa sia in grado di portare nelle casse dello Stato un’enorme quantità di denaro fresco.
Dando un’occhiata alle riforme economiche ideate dal governo, l’obiettivo per il 2020 consisteva nel toccare i 12 miliardi di euro di introito grazie al turismo religioso, cifra che dovrà essere senza dubbio rivista al ribasso in seguito alle limitazioni che abbiamo appena trattato.
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