Il Programma per l’Ambiente delle Nazioni Unite (UNEP) ha avvertito, con un comunicato ufficiale, che il progressivo “sbiancamento” delle barriere coralline sta procedendo a velocità maggiore di quanto fosse stato calcolato fino ad ora. Il fenomeno dello sbiancamento della barriera corallina non ha, chiaramente, solamente implicazioni di tipo estetico, ma rappresenta uno step nella degenerazione che può portare alla morte del corallo.
Dal punto di vista biologico, il fenomeno riguarda la perdita della simbiosi tra il corallo e le cellule di Symbiodinium (chiamate anche zooxantelle), le quali vengono espulse dai tessuti animali. Non è ancora spiegato se tale fenomeno origini dal corallo che espelle tale cellula o se sia il protista a causare il distaccamento, ma la ragione del fenomeno è appunto questa perdita di simbiosi, in quanto il colore del corallo è proprio dato dalla presenza di queste cellule.
Cosa ha a che fare l’Uomo in tutto questo? Gli studiosi concordano unanimemente che la causa principale di dato sbiancamento è dovuta all’incremento di temperatura delle acque, che è divenuto una minaccia alla simbiosi tra polipo del corallo e Symbiodinium, acquisito il dato che è la temperatura troppo elevata a causare un distaccamento tra i due. In questo contesto, la colpa sarebbe da attribuire al riscaldamento globale, con conseguente aumento di temperatura delle acque oceaniche. Del legame alla temperatura è prova ulteriore il fatto che lo sbiancamento si manifesta in maniera particolare nei periodi in cui vi è un massiccio irraggiamento solare.
Di per sé, tuttavia, il fenomeno finora descritto non rappresenta una causa di morte per il corallo, bensì una delle cause che possono accelerarne il deperimento. L’assenza delle cellule responsabili della pigmentazione significano una difficoltà molto maggiore per il corallo a reperire nutrimento, obbligandolo alla predazione di plancton, “alimento” che sfortunatamente è carente nelle zone in cui si trovano ordinariamente i coralli.
Il più recente episodio di esteso sbiancamento dei coralli ha avuto luogo tra il 2014 ed il 2017 ed è stato anche il più distruttivo mai osservato, con la morte di intere barriere coralline estese tra oceani Atlantico, Pacifico e Indiano.
Il titolo di quest’articolo, tuttavia, si riferisce a un report pubblicato proprio da UNEP, nel quale vengono dipinti due potenziali situazioni future: la prima considera un “peggior” scenario, con il mondo ancora fortemente dipendente dai combustibili fossili per la produzione di energia e la seconda si riferisce ad uno scenario “intermedio”, che vede la riduzione nella misura del 50% dell’utilizzo globale di combustibili fossili.
Nella prima proiezione, si prevede che la totalità delle barriere coralline globali sarà sbiancata entro la fine del secolo, mentre il raggiungimento di un livello considerato “grave” di sbiancamento è previsto entro il 2034. Tale benchmark sta ad indicare qual è considerato dagli scienziati come il “punto di non ritorno”. La data prevista per il raggiungimento di tale livello era collocata nel 2043, quindi nove anni più tardi, in un report di appena 3 anni fa.
Nella proiezione più ottimistica, la data di non ritorno è invece collocata al 2045, mentre non viene indicata con precisione la data prevista per lo sbiancamento completo. Purtroppo le attuali condizioni riguardo all’utilizzo di carbon fossile non inducono a previsioni ottimistiche, ma si auspica che la tematica possa acquisire maggiore sensibilizzazione, fornendo un’ulteriore motivo, come se ve ne fosse bisogno, ai paesi di tutto il mondo per rivedere le proprie politiche ambientali.
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