Sono tragiche le notizie che ci giungono dal Ministero degli Esteri con riferimento ai più recenti avvenimenti concernenti la nostra missione diplomatica nella Repubblica Democratica del Congo, dov’è stato ucciso questa mattina l’ambasciatore italiano , di 43 anni, assieme al carabiniere Vittorio Iacovacci, membro dell’entourage di Attanasio, di 30 anni e all’autista del mezzo che li trasportava, Mustapha Milambo, congolese.
L’attacco da parte di un gruppo armato del territorio è avvenuto attorno alle 9.15 italiane, nella strada che collega Goma e Bukavu, dove l’ambasciatore si stava recando in occasione di un meeting legato al World Food Program, iniziativa targata ONU per portare il cibo in tutte le scuole congolesi. Proprio l’appartenenza alla delegazione ONU parrebbe costituire il movente dell’attacco, che presumibilmente prevedeva un tentativo di rapimento con successiva richiesta di riscatto, finito purtroppo in tragedia.
L’assenza di scorta sarebbe giustificata dal fatto che la delegazione si trovava su una strada considerata sicura e, uditi gli spari, è stato tempestivo l’intervento dei rangers di Virunda, stando alle informazioni ad ora raccolte, ma non sufficiente a salvare i due italiani, rapiti dalla banda. Vi è stato perfino uno scontro a fuoco, durante il quale sarebbe stato ferito a morte l’ambasciatore, deceduto poi per le ferite subite all’ospedale di Goma, mentre Iacovacci sarebbe stato portato nella giungla per poi venire ucciso lì. La morte dell’autista ha invece avuto luogo al momento dell’incontro con la banda, nelle primissime battute.
Nel pomeriggio, è giunto un comunicato dal governo congolese che ha informato del rapimento di altre tre persone appartenenti al convoglio della delegazione ONU medesima, mentre una quarta è stata trovata morta. L’ipotesi dell’intenzione di un rapimento al quale sarebbe seguito un riscatto rimane la più plausibile, anche vista l’assenza di possibili ostilità con eventuali terroristi del territorio che potrebbero giustificare un attacco mirato ad uccidere.
I principali indiziati per l’attentato, che ad ora non è stato rivendicato da alcun gruppo armato, sono i gruppi per la liberazione del Ruanda, di etnia Hutu. Gli Hutu sono noti alla pubblica opinione per essere i responsabili del genocidio ruandese del 1994, dove vennero uccise un numero di persone stimato tra le 500.000 e il milione. Al di là delle radici del conflitto tra le etnie ruandesi che pone le basi per il genocidio, il gruppo in questione è Fronte per la Liberazione del Ruanda (FLR), dove per “liberazione”, si intende dall’etnia Tutsi, protagonista negli anni più recenti di numerosi atti violenti nelle aree tra il Congo e il Ruanda, dove è avvenuto l’attacco a Luca Attanasio.
Il gruppo di ribelli era stato coinvolto in prima persona anche nella sanguinosissima guerra del Congo, dove persero la vita oltre 5 milioni di persone e, da allora, vivono al confine tra Ruanda e Congo alternando attacchi terroristici massicci e di matrice razzista a, in anni più recenti, rapimenti e riscatti, come quello avvenuto nel 2018 ai danni di due turisti inglesi nel Parco Nazionale del Virunga, poi liberati a fronte del pagamento pattuito.
Sulla questione dell’FLR si era espresso il Primo Ministro del Ruanda negli anni scorsi, affermando come i motivi che guidano le mosse del gruppo terroristico siano tali da non poter essere discussi a livello governativo. La matrice razzista delle pretese denota che l’FLR richiede qualcosa che il governo del Ruanda non può offrire: il potere assoluto ed esclusivo agli individui di etnia Hutu.
La notizia è stata recepita nel nostro paese con le consuete note di compianto e ricordo dei pubblici ufficiali caduti. Attanasio lascia la moglie e tre bambine, mentre Iacovacci era prossimo a matrimonio l’estate ineunte. Rimane un grossissimo silenzio da osservare a piangere le vittime e la speranza che la giustizia possa fare il suo corso anche in territori nei quali tale corso è inevitabilmente ostacolato.
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