Sono passati quasi dieci anni dall’uscita nelle sale del film “Contagion”, diretto da Steven Soderbergh (regista noto ai più per essere la mente dietro la trilogia di Ocean’s), interpretato da un cast stellare fatto da Matt Damon, Kate Wisnlet, Marion Cotillard, Lawrence Fishburne, Jude Law, Gwyneth Paltrow e Bryan Cranston.
Il film tratta guarda caso proprio lo svolgersi di una pandemia influenzale nel 2011, utilizzando una narrazione dai vari punti di vista: quello di un normale cittadino, di un membro dell’Oms, del direttore del Centro per la prevenzione e il controllo delle malattie, di un blogger complottista e di un medico. In quel caso il virus diffusosi, nominato fittiziamente MEV-1, era estremamente più pericoloso dell’attuale Covid-19. Infatti, raggiungeva tassi di mortalità del 25% e si diffondeva ancor più velocemente.
Similitudini inquietanti con i fatti di questi giorni sono però riscontrabili: anche il MEV-1 aveva effettuato il passaggio dall’animale (pipistrelli e maiali) all’uomo in Asia, precisamente ad Hong Kong e si era diffuso in Occidente grazie ad un singolo paziente zero, Gwyneth Paltrow, tra Minneapolis e Chicago, scatenando poi una pandemia globale che causò milioni di morti.
La pellicola, creata sulla scia dello spavento della pandemia influenzale “suina” del 2009 (per il momento numericamente ben più imponente di quella attualmente in corso), aveva il secondo fine di rendere di pubblico dominio le difficoltà che il personale sanitario e dirigenziale a capo degli istituti di prevenzione delle infezioni devono quotidianamente affrontare. Ma non solo, ben più marcato era il calco sulla fragilità umana.
I virus infatti mutano dal nulla, si riproducono ferocemente e possono costringere l’umanità a rivedere le sue abitudini ed il suo senso di sicurezza in un battibaleno. Infatti, durante tutto il film non sembra che ci sia qualcuno veramente in grado di comprendere i meccanismi di diffusione e di creare un protocollo terapeutico efficace.
Anche in quel caso, Soderbergh non si esime da mettere in luce la spinta irrazionale che la paura comporta: saccheggi, rapine, sequestri di persona e corsa ai supermercati. Scene che per il momento stiamo riuscendo ad evitare ma che non possono tramutarsi in eventualità non sufficientemente considerate.
La paura per i propri cari è un tema ricorrente: non a caso il protagonista (per quanto il film spazi tra vari fili narrativi), Matt Damon, scopre ben presto di essere immune. Ciononostante vive nel terrore che il virus possa infettare sua figlia, dopo aver ucciso in poche ore sua moglie e il suo figliastro. Così come neanche un uomo tutto d’un pezzo, il capo del Centro per la prevenzione e il controllo delle malattie, interpretato da Lawrence Fishburne, riesce a trattenersi dal comunicare a sua moglie la notizia dell’imminente messa in quarantena di Chicago.
Un film che è anche un tributo alle tante persone che hanno sacrificato i loro anni migliori, e spesso le loro vite, alla ricerca contro le pandemie: Marion Cotillard viene sequestrata da un altro membro dell’Oms nel suo villaggio di origine, per ricattare le autorità internazionali al fine di ottenere immediatamente il vaccino non appena disponibile. Kate Winslet, infettivologa del Centro per la prevenzione e il controllo delle malattie perisce a Minneapolis per essere stata a contatto con chi ha spesso cercato inutilmente di salvare.
Alla fine, come spesso accade, è lo sforzo e il gesto di un singolo a salvare la situazione: l’infettivologa interpretata da Jennifer Ehle decide di bypassare i test sperimentali del vaccino iniettandoselo direttamente, per poi esporsi al contagio e scoprire di non poter più contrarre la malattia.
Warner Bros, produttrice della pellicola, ha annunciato che è il suo secondo film più visto di sempre, avendo scalato la classifica proprio in questi giorni, per ragioni piuttosto intuibili. Davanti all’opera di Soderbergh solo un colosso inarrivabile come la saga di Harry Potter.
Per lo sceneggiatore Scott Burns le somiglianze epidemiologiche sono irrilevanti, mentre si dovrebbe prestare attenzione alla violenta risposta sociale della pandemia. Al sito tabloid BuzzFeed invece, il regista ha voluto dare al suo film un messaggio finale di speranza. Come a dire “non importa quello che l’umanità ha di fronte a sé, con lo sforzo di poche grandissime menti e la responsabilità di tutti noi potrà sempre riemergere”. +
Fonte: BuzzFeed
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