Coronavirus: il Giappone dei miracoli

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Si era parlato in precedenza degli effetti devastanti che avrà il lockdown imposto dal diffondersi del Coronavirus in vari paesi del mondo. L’Europa e la Gran Bretagna, che dal 31 gennaio non ne fa più parte, potrebbero pagare il prezzo peggiore mentre gli Usa e la Cina potrebbero uscirne prima e con meno danni per via della loro maggior elasticità. Il Giappone va però in una direzione che per quanto simile, presenta differenze che devono essere analizzate.

Sia chiaro, a Tokio comunque non si riuscirà ad evitare la recessione, che si preannuncia globale, con livelli di decrescita paragonabili se non addirittura peggiori delle crisi del ’29 e del 2008, due episodi particolarmente dolorosi per la storia dell’economia.

Però in Giappone, nonostante il lockdown non sia ancora finito in alcune città, i danni saranno estremamente contenuti nel trimestre appena passato. Si parla di perdite inferiori all’1%, praticamente un terzo di quanto succederà nella Zona Euro, la metà delle perdite potenziali negli Stati Uniti.

Secondo le stime, che stime rimangono, la recessione non supererà il -0,9% nel trimestre, cifre che non sono troppo distanti dalle prospettive di crescita negative o prossime allo zero a cui siamo purtroppo abituati in Europa dal 2008 in poi.

Il tutto, è bene ricordarlo, con il più grande debito pubblico del mondo in termini percentuali, che supera il 200% del Pil e fa sembrare il debito italiano una barzelletta. Come fa il Giappone a mostrare questa solidità e a sembrare immune alle crisi economiche, o quantomeno ad essere in grado di curarle immediatamente?

Si pensi anche che il Giappone ha un’economia particolarmente esposta alle esportazioni, il che significa che soffrirebbe particolarmente un proseguire del blocco del commercio globale. Da dove arriva questa stabilità con parametri macroeconomici del tutto sballati?

E’ complicato dirlo, un indizio è il comportamento della Banca Centrale del Giappone, che si è offerta di stampare moneta per evitare illiquidità in materia praticamente ininterrotta. Il temuto rischio di inflazione non si è verificato, anzi, la moneta giapponese, lo yen, rimane perfettamente stabile.

La liquidità, aiutata da una burocrazia notoriamente estremamente efficiente e ligia al dovere, in pieno stile nipponico, ci ha messo pochissimo tempo a raggiungere i negozianti messi in difficoltà dandogli respiro e dando nuovi impulsi alla domanda.

Per una volta ancora il Giappone stupisce mezzo mondo, con ricette economiche semplici ma innovative allo stesso tempo, basate sull’unica idea che i giapponesi non devono smettere di comprare né di produrre, se lo fanno devono essere immediatamente rimborsati delle perdite subite.

Difficile dire se questo modo di intendere le politiche monetarie possa essere replicabile all’infuori del Giappone. Prima del 1981, prima della “lite delle comare”, anche in Italia il funzionamento del debito era basato su questi meccanismi.

Emissioni massicce di titoli di stato che venivano acquistati dalla nostra banca centrale, la Banca d’Italia, in modo da alzarne il prezzo sul mercato e ridurne il tasso di interesse (per chi volesse approfondire qui). Per farlo venivano stampate le vecchie lire e la conseguenza era spesso un forte tasso di inflazione.

Eppure in Giappone questo non accade, è stata definita “trappola della liquidità” in maniera dispregiativa eppure sembra essere alla base della prosperità del Giappone che con un capitale naturale di risorse a disposizione estremamente ridotto sembra essere una inarrestabile macchina produttiva, perfino in momenti di crisi come quelli che stiamo vivendo.

Il presidente del Giappone, il conservatore Shinzo Abe, che gode di altissima popolarità nel paese, ha ricordato che l’economia nipponica stava già subendo una recessione prima dell’emergenza causata da un’aumento dell’Iva e da alcuni tifoni che si erano abbattuti sull’isola. Eppure le aspettative sono migliori del previsto. La crisi giapponese, che comunque, ripeto, esiste e sarà grave, verrà causata prima di tutto dal blocco del commercio internazionale.

La liquidità di cui gode il Giappone però potrebbe venirgli in aiuto, infatti se il commercio estero, fondamentale per le industrie nipponiche, dovesse rimanere in difficoltà, questa ondata di moneta sosterrebbe fortemente la domanda interna in modo da garantire lo smaltimento del prodotto.

Il risultato sarebbe l’evitare un crollo dei prezzi che manderebbe il rovina il Giappone, aggirando il rischio che la recessione si aggravi. Le prospettive annuali parlano comunque di una recessione intorno all’8%. Il punto che però sembra sfuggire è un altro.

Non è tanto quanto sarà grave la recessione ma quanto durerà a definire il futuro del mondo e dei paesi che prenderanno i loro posti nello scacchiere geopolitico. Le crisi economiche non si riversano mai sullo stile di vita dei giapponesi e il paese del Sol Levante ne esce sempre prima di tutti gli altri, proprio per la sua grande dinamicità e il suo coraggio nel prendere scelte finanziarie anche estremamente audaci e coraggiose.

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