Covid e vaccini: il 29% della popolazione italiana risulta coperta. Partono le sospensioni per gli operatori sanitari non vaccinati

Incoraggianti i dati nazionali sulle vaccinazioni: ad oggi sono 45.909.953 le dosi di vaccino somministrate in Italia, con una copertura totale del 29% della popolazione. La campagna vaccinale continuerà a questo ritmo anche nei prossimi mesi, come ha rassicurato il Commissario per l’emergenza  Francesco Figliuolo, il quale ha confermato che “la quantità complessiva di vaccini disponibile entro settembre consentirà comunque di raggiungere l’obiettivo di  immunizzare nei tempi previsti l’80% della platea dei vaccinabili”. La Sip, Società italiana di pediatria, ha pubblicato alcune linee guida per la somministrazione del vaccino, in un’ottica di rassicurazione e promozione della campagna vaccinale anche tra i più giovani. Così si legge nelle disposizioni della società: “Si raccomanda, in linea con le vigenti raccomandazioni ministeriali, la vaccinazione Covid-19 per tutti i bambini e gli adolescenti di età pari o superiore a 12 anni privi di controindicazioni per gli specifici vaccini autorizzati per età”. Per la fascia pediatrica e adolescenziale è stato approvato a livello europeo l’uso del vaccino Pfizer.

Sono partiti inoltre in questi giorni i provvedimenti di sospensione per il personale sanitario non vaccinato, come disposto dal decreto del Consiglio dei ministri dello scorso aprile, il quale sanciva l’obbligo vaccinale per la categoria in questione.

Attraverso l’analisi dei dati riportati dal rapporto settimanale del governo, attualmente in Italia ci sono ancora 45.753 operatori sanitari che devono ricevere la prima somministrazione del vaccino. La regione più indietro da questo punto di vista risulta essere l’Emilia Romagna, dove si registrano 14.390 medici e infermieri non vaccinati. Numeri alti anche nelle regioni meridionali della penisola: in Sicilia si segnalano 9.214 operatori sanitari senza vaccino, mentre in Puglia 9.099.

Le aziende sanitarie stanno applicando le disposizioni governative, attraverso una verifica dei documenti vaccinali di tutti i medici e gli infermieri, dati forniti dagli ospedali, dalle Rsa e dagli ordini professionali. In modo particolare, le aziende sanitarie hanno richiesto per ciascuno operatore la prova della somministrazione del vaccino, la conferma di una data fissata, o le motivazioni che legittimassero l’esclusione dalla vaccinazione. Molti operatori sanitari non vaccinati sono stati estromessi da incarichi che presuppongono un contatto diretto o un rischio contagio. Bisogna però precisare che nella maggior parte dei casi non è possibile attribuire agli operatori impieghi privi di rischio, e pertanto viene disposta la sospensione della retribuzione, come previsto dal decreto, fino al 31 dicembre 2021.

Il presidente del Piemonte, Alberto Cirio, ha dichiarato di non considerare eccessiva l’eventualità di licenziamento per gli operatori che non vogliono sottoporsi al vaccino anti Covid: «Ogni lavoro ha obblighi che vanno rispettati. Queste persone verranno prima segnalate, poi spostate verso altre mansioni, ultima ratio la sospensione. Il licenziamento non è eccessivo se non ci sono alternative. Se uno non vuole vaccinarsi e non accetta lo spostamento verso altre mansioni, non restano alternative al licenziamento».

Il presidente del Friuli Venezia Giulia, Massimiliano Fedriga, si è mostrato invece più prudente, spiegando che la strada «è quella del convincimento, non del licenziamento: dobbiamo far capire l’importanza di tutelarsi principalmente per le professioni sanitarie».

 

 

 

 

 

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