I crimini ambientali in tempi di guerra vengono portati per la prima volta davanti alla Corte internazionale di giustizia.
La guerra è un crimine anche per l’ambiente e per la prima volta a portare la questione sui piani della giurisdizione sono stati i due paesi Armenia e Azerbaijian. Siamo difronte a un caso che non ha precedenti, questo contenzioso potrebbe significare l’inizio di una svolta per tutti i casi di distruzione ambientale durante i conflitti. Cerchiamo di capirne di più.
Nello specifico l’Azerbaijian ha citato in giudizio l’Armenia, per danni ambientali in tempi di guerra, secondo la Convenzione europea di Berna sulla conservazione della biodiversità e l’ambiente.
L’Azerbaijian e l’Armenia sono in conflitto dal 1988, anno in cui la regione del Nagorno-Karabakh, a seguito del crollo dell’Unione Sovietica, mosse i suoi primi passi verso l’indipendenza. La vittoria dell’Armenia ha dettato il suo controllo fino al 2020, anno della riconquista azera.
Un conflitto che ha contato oltre 25.000 vittime e danni irreparabili per il territorio che hanno mosso l’Azerbaijian a portare l’Armenia in tribunale per la violazione della Convenzione europea di Berna sulla tutela della biodiversità e l’ambiente.
Nello specifico l’accusa di danni ambientali si riversa non come conseguenza del conflitto, quanto come devastazione di habitat protetti, che hanno messo a rischio la biodiversità, inquinato fiumi e distrutto foreste nella regione del Nagorno-Karabakh, negli ultimi 30 anni di governo armeno.
L’accusa ricade verso siti e infrastrutture come una miniera di carbone, di rame e una centrale idroelettrica che hanno determinato questa distruzione ambientale. Conseguente anche l’impatto sulla fauna che contava specie rare in via di estinzione come il lupo grigio, le aquile delle steppe o il leopardo del Caucaso.
Quel che è avvenuto in questi Paesi è prassi di ogni conflitto, è successo e risuccederà proprio come sta accadendo sotto i nostri occhi nel conflitto Russo-Ucraino. L’Ucraina che è sempre stato un Paese che ha fatto dell’agricoltura il pilastro della sua economia e ad oggi si ritrova con terreni minati, contaminati da metalli pesanti, da munizioni, boschi e foreste distrutte che hanno portato di conseguenza un alto rischio per la sopravvivenza di specie già sotto minaccia.
Nello specifico a risentirne di più sono i delfini del Mar Nero fortemente disorientati dal rumore dei bombardamenti e delle navi militari che hanno portato alla morte di 45 mila esemplari nell’ultimo anno.
In totale l’ecocidio in Ucraina conta oltre 2 mila casi registrati di gravi danni all’ambiente, con un totale di emissioni di C02 pari a 33 milioni di tonnellate.
Lo scorso dicembre l’Assemblea generale delle Nazioni Unite ha concordato 27 principi giuridici per la protezione dell’ambiente durante i conflitti armati e l’occupazione anche in materia di condotta aziendale e di utilizzo delle risorse naturali.
In quanto, la tutela verso i crimini ambientali durante i conflitti non è codificata né dalla Convenzione di Berna, né dalle quattro Convenzioni di Ginevra.
Quel che è importante comprendere, quindi, è che i danni riportati nel territorio “nemico” sono danni riportati a ogni singolo cittadino del Mondo, in una idea comune di pianeta Terra come casa, un terreno comune, dove ogni costo ambientale dovrebbe rientrare in una priorità condivisa.
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