In questi giorni si è tentato di dare un nome, delle definizioni e una descrizione alle relazioni per cui “vale la pena”. Come sarà possibile effettuare dei controlli sulla stabilità dei rapporti interpersonali? È lecito farlo?
Si parlava di congiunti. Secondo l’articolo 307 del Codice penale, questi sarebbero definiti come “ascendenti, i discendenti, il coniuge, i fratelli, le sorelle, gli affini nello stesso grado, gli zii e i nipoti: nondimeno, nella denominazione di prossimi congiunti, non si comprendono gli affini”.
Per un attimo, leggendo la definizione, avevo sperato di poter fare visita a tutte quelle persone del capricorno. La gioia è stata spenta presto, un po’ dalla consapevolezza che in realtà si intendessero parenti. Un po’ dalla realizzazione del fatto che passare i primi attimi di socialità con dei capricorni forse non era la scelta migliore.
Segni zodiacali a parte, le interpretazioni hanno subito diverse mutazioni nel tempo. Si è parlato di “affetti stabili”, di “coppie di fatto”, di “fidanzati”. Tutte queste definizioni hanno portato le persone a chiedersi chi rientrasse negli insiemi proposti. ci hanno portato a domandarci se quella certa persona fosse un affetto stabile. Ma come saperlo?
Molte volte definire le situazioni è molto difficile. Dove si dovrebbe disegnare il confine tra una relazione stabile e una “instabile”? Parliamo di durata nel passato, possibilità future, o della qualità del rapporto al momento della visita?
Sono gli amici compresi nelle relazioni che vale la pena coltivare, di cui abbiamo bisogno? Diminuire la severità delle misure ha lo scopo, oltre che far riprendere gradualmente l’economia, anche di aiutare le persone a rientrare nel mondo “vero”. O meglio uscire nel mondo. Penso la maggior parte delle persone considerino le amicizie indispensabili.
Non sono proprio le persone più sole quelle che hanno bisogno di vicinanza? Invece il risultato è che ci troviamo a dover mettere sulla bilancia i sentimenti. Decidere se i nostri affetti sono sufficientemente stabili per mettere piedi fuori di casa.
E chi non ha affetti stabili? Chi non si considera una persona in grado di dare un peso abbastanza elevato alle sue relazioni come farà? Sembrerà una cosa frivola forse, un problema facilmente sormontabile. Ma anche solo uscire di casa per vedere una persona significa obbligare entrambi a dare un preciso valore al rapporto.
È difficile, certo, per un governo fare lo slalom tra mille pericoli e fraintendimenti. È quasi impossibile trovare un equilibrio tra la necessità di porre un limite ai contatti e la volontà di accontentare tutti.
Mi immagino Giuseppe Conte e il suo entourage a fare discorsi del tipo: “Estendiamo le possibilità di visitare gli affetti oltre ai parenti. Va bene, includiamo i coniugi. Vogliamo essere moderni però, quindi includiamo anche i conviventi e le coppie di fatto, o le parti di un’unione civile. A quel punto però ne restano fuori relazioni altrettanto significative ma che non sono mai state ufficializzate. Includiamo anche quelle. Però solo se sono stabili.”
Forse occorrerà arrendersi a questa ricerca di definizioni. La quantificazione e categorizzazione dei rapporti umani è una materia troppo delicata per essere affrontata. Senza contare che sarebbe comunque impossibile trovare un modo oggettivo per valutare se certi rapporti sono più o meno stabili. Come si prova l’amore, l’amicizia? Dov’è il confine tra i due, e quale dei due è più importante?
Resta una grande confusione, e tante domande a cui non credo si riuscirà a rispondere. La confusione probabilmente non finirà, almeno per questa fase. Però avremo qualcos’altro da fare nell’attesa del 4 maggio. Pensare a chi davvero conta nelle nostre vite, a quelli per cui vorremmo uscire nonostante ci siamo abituati alla claustrofobia di casa, che ormai è quasi confortante, uno scudo dalla realtà.
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