Il Medio Oriente rappresenta ormai da molti anni il terreno di crisi e tensioni più importante al mondo. In questa zona, che definiamo più precisamente Mediterraneo allargato, vediamo oggi concentrate aree di rischio e campi di battaglia, basti pensare ai conflitti che hanno investito la Libia, lo Yemen, la Siria e l’Iraq. Accanto a questo tipo di rischi troviamo anche minacce di tipo asimmetrico come le migrazioni, un fenomeno che investe in modo particolare la regione africana e che assume un peso notevole rispetto alle dinamiche geopolitiche attuali.
L’ondata delle primavere arabe è esplosa causando una rottura in un’area già colma di contrasti. Le rivolte, inoltre, non possono definirsi concluse, in quanto i loro effetti disgregativi nelle dimensioni interne ai singoli paesi sono ancora oggi ben visibili. Le proteste popolari che hanno avuto luogo con l’intento di scardinare il precedente sistema di governo hanno segnato in profondità i paesi che ne sono stati protagonisti, provocando uno sconvolgimento che si è aggiunto alle vecchie tensioni e che allo stesso tempo ha prodotto nuove problematiche, come quella riguardante i rifugiati.
La regione si trova a vivere oggi una situazione molto complessa, dominata da ostilità e competizione tra attori regionali e internazionali, all’interno di un quadro geopolitico profondamente instabile. In questo contesto, nuove ondate di proteste appaiono come una concreta possibilità, e se i dittatori da un lato sono stati in grado di controllare e limitare le rivolte, allo stesso tempo la popolazione ha conosciuto la forza dell’attivismo sociale e anche la forza di espressione di un pensiero di dissenso politico.
Rappresenterebbe un errore accomunare le proteste dei diversi paesi in un movimento omogeneo transnazionale, ma una chiave di lettura di fondo può tuttavia essere rintracciata: le condizioni che hanno creato il terreno rivoluzionario in Medio Oriente, ovvero le istanze collettive legate ai concetti di libertà, dignità, diritti civili e diritti umani, declinabili a seconda del contesto, e squilibri socioeconomici diffusi. Inoltre, i regimi reinsediatisi al potere non hanno agito per porre soluzione alle crisi strutturali che avevano innescato le rivolte, anzi hanno contribuito a perpetuare una situazione di instabilità a livello politico e sociale. Pertanto, l’insicurezza e le aree di crisi che dominano la regione appaiono profondamente collegate a tali regimi, con la loro autocrazia, corruzione, abuso di diritti umani e opposizione alla democrazia.
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