L’ex Presidente del Sudan, Omar al-Bashir, sarà consegnato dal nuovo Governo dello Stato africano alla giustizia della Corte Penale Internazionale dell’Aia, nei Paesi Bassi. Questa decisione così forte rappresenta di certo una tappa fondamentale nel percorso che dovrà, a tutti i costi, riportare il Sudan e i suoi abitanti ad un clima politico e sociale sereno e pacifico.
Bashir è accusato di crimini di guerra e contro l’umanità, i quali sarebbero stati perpetrati durante il conflitto civile scoppiato nel 2003 nel Darfur, provincia occidentale del paese, tra il Governo dell’ex Presidente e gli eserciti ribelli del luogo.
Giunto al potere grazie ad un colpo di Stato organizzato insieme ad alcuni ufficiali militari, Omar al-Bashir divenne Primo Ministro nel lontano 1989 e lo è rimasto per i successivi trenta anni. Nell’aprile del 2019 infatti, complici numerose proteste popolari contro il suo Governo, al-Bashir fu ripagato con la sua stessa moneta, venendo a sua volta spodestato da un ulteriore golpe.
Nel dicembre dell’anno scorso, l’ex leader politico sudanese, dopo che le autorità del luogo lo trovarono in possesso di elevate somme di denaro non riconducibili ad alcuna sua attività registrata, fu condannato dal Tribunale di Khartoum a due anni di pena per corruzione, da scontare in un centro di recupero e riforma sociale, in quanto la legge sudanese stabilisce che nessuna persona possa andare in prigione dopo il compimento dei 70 anni di età.
Tuttavia il nome di al-Bashir è ormai da decenni legato indissolubilmente a crimini ben più gravi ed efferati.
Già dal 2004 voci provenienti dagli Stati Uniti d’America denunciavano ingenti massacri avvenuti nella Provincia del Darfur in occasione della già citata guerra civile che ha devastato per anni la zona meridionale della nazione.
Le atrocità commesse risultarono a tutti chiari ed evidenti, pertanto i vertici internazionali iniziarono ad intervenire e a far sentire la propria voce. Dunque nel 2008 l’allora primo Procuratore della Corte Penale Internazionale, l’argentino Luis Moren-Ocampo, accusò Omar al-Bashir di crimini contro l’umanità, crimini di guerra e genocidio.
L’anno seguente il Tribunale emanò così un mandato d’arresto soltanto per i primi due capi di accusa, in quanto per il terzo non ci fu modo di raccogliere prove sufficienti.Nonostante le pesanti incriminazioni provenienti dall’Aia e la comunicazione all’organo esecutivo sudanese dell’ordine di cattura pendente sulla testa di al-Bashir, l’arresto non fu mai eseguito.
E lo stesso accadde nel 2015, quando durante un periodo di soggiorno dovuto a motivi istituzionali dell’ex Presidente nel territorio del Sudafrica, l’Alta Corte sudafricana ordinò a sua volta la cattura di al-Bashir, il quale riuscì però nuovamente a tornare in patria prima di ogni intervento da parte delle autorità incaricate.
L’auspicio è che ora, dopo così tanti anni di impunità, Omar al-Bashir possa finalmente andare incontro ad una pena effettiva e proporzionale alle immense atrocità e sofferenze che ha causato durante il suo efferato e sanguinario governo. Il perfetto funzionamento della Giustizia in questo avrebbe un valore ancora maggiore: accenderebbe infatti un barlume di speranza lungo il duro cammino che il popolo sudanese sta intraprendendo allo scopo di superare gli anni di scontri, umiliazioni e violenze che hanno dovuto affrontare.
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