Ha generato molte polemiche il datagate legato alla società Cambridge Analytica nei mesi scorsi, che ha visto i dati di milioni di utenti Facebook sfruttati impropriamente a scopi politici, mettendo in evidenza ancora una volta la questione della privacy e la semplicità con cui i dati che ogni giorno condividiamo con app e piattaforme social possono essere sfruttati in maniera tutt’altro che positiva.
Questo scandalo ha creato non pochi grattacapi al colosso guidato da Mark Zuckerberg che ha dovuto fare i conti con molteplici critiche a livello globale. Di certo è cresciuta l’attenzione rivolta alla privacy e alla gestione dei dati condivisi dagli utenti online, ed ecco che una nuova inchiesta condotta dal New York Times sembra mettere in luce una nuova questione che vede protagonista Facebook, responsabile secondo il giornale, nell’ultimo decennio, di aver condiviso anche senza il consenso diretto, i dati degli utenti con i principali produttori di smartphone e tablet, per ampliare la diffusione del social network.
L’inchiesta del New York Times rivela che Facebook negli ultimi 10 anni avrebbe siglato degli accordi con almeno 60 produttori di smartphone e tablet tra cui Apple, Samsung, Microsoft, BlackBerry e Amazon, per consentire l’integrazione del social network sui principali dispositivi mobili. In questo modo Facebook avrebbe ottenuto di essere presente sui principali dispositivi mobile ampliando la sua diffusione, offrendo ai produttori hardware l’accesso ai dati personali degli utenti e dei loro amici, anche senza il loro consenso. Stando alle stesse rivelazioni alcuni degli accordi sarebbero ancora in vigore, mentre 22 aziende dopo lo scandalo Cambridge Analytica avrebbero scelto di chiudere la partnership con il social network.
Non si è fatta però attendere la risposta di Facebook che ha rimandato le accuse al mittente fornendo delle spiegazioni al riguardo. Il social network ha confermato di aver condiviso i dati degli utenti con i produttori hardware esclusivamente per consentire l’accesso al social network anche da mobile. Questo sarebbe stato necessario perché nei primi anni dell’era mobile non esistevano gli store digitali ed era quindi necessario collaborare direttamente con i produttori di smartphone e tablet per fornire l’accesso a servizi come Facebook, YouTube o Twitter.
In ogni caso, secondo quanto rivelato da Facebook, gli accordi prevedevano che i dati degli utenti non venissero usati per altri scopi, sottolineando che non sarebbero emersi abusi da parte delle aziende con le quali ha collaborato.
C’è da considerare che Facebook, nel 2015, aveva annunciato una riduzione dei dati condivisi con le app terze parti, scegliendo però di omettere le eccezioni tra cui, appunto, la condivisione dei dati con i produttori di hardware. Resta solo da attendere per capire se le nuove rivelazioni del New York Times avranno ulteriori conseguenze.
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