Giovanni Brusca, uno dei killer più fidati di Totò Riina, è stato scarcerato lunedì da Rebibbia, dopo aver trascorso 25 anni di reclusione.
Brusca, soprannominato “u verru” (il porco), è stato uno dei principali membri di Cosa Nostra, accusato di più di 150 omicidi e mandate della strage di Capaci, nella quale perse la vita Giovanni Falcone. Viene arrestato il 20 maggio del 1996, dopo aver commesso un’infinità di crimini, tra cui si ricorda l’omicidio di Giuseppe Di Matteo, figlio di un pentito, il quale venne sciolto nell’acido a soli 12 anni. Nel febbraio del ’96, due ex collaboratori di Brusca, Giuseppe Monticciolo e Vincenzo Chiodo, dopo esser stati arrestati decidono di collaborare con le forze dell’ordine, dando loro indicazioni sul luogo dove Giovanni Brusca si stava da tempo nascondendo con la famiglia. Dopo una serie di interventi e ricerche, la Polizia riesce a scovare il bunker in contrada Giambascio a San Giuseppe Jato, dove il killer siciliano nascondeva dieci missili, un lanciamissili, 10 bazooka, 50 kalashnikov, 400 kg di esplosivo, 10 bombe anticarro, un lanciagranate, 7 fucili mitragliatori, 35 pistole, giubbotti anti proiettili ed ordigni esplosivi già confezionati. Monticciolo e Chiodo spianano ulteriormente la strada alla polizia, fornendo nuove indicazioni sulla possibile ubicazione di Brusca. Le intercettazioni e gli indizi portano le forze dell’ordine in via Papillon, contrada Cannatello (Agrigento), dove scovano il ricercato e lo arrestano. Viene poi scortato alla questura di Palermo, insieme al fratello e definitivamente carcerato. Nel giugno dello stesso anno, Brusca inizia a fornire informazioni alla polizia, viene trasferito a Rebibbia e nel 2004, per via della buona condotta, gli vengono concessi alcuni permessi premio per uscire ogni 45 giorni e far visita alla famiglia in una località protetta. Dopo una serie di ulteriori collaborazioni e confessioni, la Cassazione determina uno sconto della pena a 30 anni. Il 31 maggio 2021 viene scarcerato, con 45 giorni di anticipo rispetto alla fine della pena e rimarrà 4 anni in libertà vigilata.
Cinque anni fa Brusca, davanti alla telecamera del regista francese Mosco Levi Bocault, registrò un video di scuse, poi pubblicato dopo la scarcerazione, nel quale afferma di “aver fatto i conti con sé stesso”. Si scusa in primis con i familiari delle innumerevoli vittime, definendo Cosa Nostra come una “fabbrica della morte”. “Ho riflettuto e ho deciso di rilasciare questa intervista, non so dove mi porta, spero solo di essere capito. Faccio i conti con me stesso, è arrivato il momento di metterci la faccia, mi dispiace di non poterlo fare per motivi di sicurezza. Ma è nello spirito e nell’anima di farlo”. Quindi entra nel vivo: “Grazie per questa opportunità di chiedere scusa, perdono a tutti i familiari delle vittime, a cui ho creato tanto dolore e tanto dispiacere. Ho cercato di dare il mio contributo il più possibile e dare un minimo di spiegazione ai tanti che cercano verità e giustizia”. Chiede poi scusa al figlio e alla ex moglie, i quali “per causa mia hanno sofferto e stanno pagando anche indirettamente le mie scelte di vita, prima da mafioso e poi da collaboratore di giustizia”. Continua esprimendo il rammarico per chi, come lui, contribuisce a ricostruire i crimini di mafia per poi essere denigrato e disprezzato. Quando invece si tratta di un’importante scelta di vita, che definisce “morale, giudiziaria ma soprattutto umana”.
Giovanni Brusca, accusato di circa 150 omicidi e uno dei più fedeli collaboratori del boss Totò Riina, il quale, dopo 25 anni di carcere a Rebibbia e una serie di confessioni, riesce a conquistare la libertà.
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