Il ruolo dei giudici in Europa: tra accuse di ‘dicastocrazia’ e svilimento dell’indipendenza della magistratura

Tra i dibattiti più ferventi del panorama politico globale vi è quello riguardante il ruolo dei giudici, oggetto di accuse di straripamento di potere da un lato, o oggetto di tutela speciale delle “invasioni di campo” da parte dei poteri governativi all’estremo opposto.

In questo articolo analizzeremo due esempi opposti in merito al tema, entrambi localizzati in Europa: in Olanda, parleremo della vicenda “dikastocrazie” e poi si vedrà in breve il contesto della Polonia, dove nell’ultimo anno il Governo si è reso protagonista di alcuni tra i più sfacciati sfregi ai principi della tripartizione dei poteri e dell’indipendenza giudiziaria.

Incominciando dalle vicende che hanno interessato i Paesi Bassi, all’inizio di questo 2020 è montata, sulle ali di una denuncia sociale infuocata da Thierry Baudet, leader di uno dei partiti di destra olandesi, una polemica in merito all’eccesso di potere da parte del potere giudiziario, al quale ci si riferì con il termine “dikastocrazie”, che letteralmente si traduce con “governo dei giudici”. Alla base della polemica tre distinte sentenze “sospette”, che vedrebbero la Corte Suprema sostituirsi al Governo, delle quali riporteremo soltanto l’ultima, denominata Urgenda, che effettivamente è quella che riporta i maggiori dubbi di costituzionalità.

Nel 1990, i Paesi Bassi avevano aderito ad un’agenda di matrice europea, alla base della quale si impegnavano a diminuire le emissioni di gas serra in una soglia compresa tra il 25% ed il 40%. Nel 2011, tuttavia, il Governo olandese aveva deciso di rivedere le proprie posizioni, collocando l’obiettivo di diminuzione attorno al 17%. La decisione fu portata di fronte alla Corte Suprema olandese, che decise per l’illiceità dei cambiamento di percorso da parte del potere esecutivo, adducendo alla base della propria decisione il diritto alla vita e alla tutela di vita privata e familiare contenuti negli articoli 2 e 8 della Convenzione Europea dei Diritti Umani.

La scelta ha destato stupore soprattutto per il fatto che la Corta ha essa stessa fissato la percentuale minima da rispettare per i Paesi Bassi affinché questi non incorressero in violazione (25%) ed è stata proprio tale decisione che, agli occhi dei poteri politici, è stata vista come un’indebita appropriazione del potere di adottare scelte che richiedano valutazioni squisitamente politiche. In Olanda, inoltre, il ruolo del parlamento è di primissimo ordine, stante addirittura il divieto di judicial review in merito alla compatibilità costituzionale delle leggi adottate. Per questo motivo, tale “invasione” è stata accolta in maniera particolarmente dura.

Al contrario, la Polonia non può dirsi un paese rispettoso del potere giudiziario, o quantomeno dell’indipendenza di questo. In particolare, si menziona qui la riforma giudiziaria che è in corso dal 2019. Tra i vari interventi spiccano la dichiarazione di non-indipendenza del Consiglio Superiore di Magistratura polacco, la previsioni di gravi sanzioni disciplinari per i giudici che diano attuazione ai principi espressi nelle sentenze della Corte di Giustizia e il fatto che le decisioni che riguardino controversie in cui protagonisti sono giudici verranno decise da soggetti direttamente nominati dal Ministero della Giustizia e dunque da un organo governativo.

Le scelte del governo polacco hanno scatenato proteste che hanno visto partecipanti in tutt’Europa, dando luogo allo spettacolo inaspettato di migliaia di giudici europei che marciano tra le strade di Varsavia reclamando l’indipendenza. Il tutto aveva anche dato luogo a dure reprimende da parte dell’Unione Europea e v’era chi temeva che l’atteggiamento della Polonia potesse addirittura comportare un’esclusione dall’Unione.

In particolare, come abbiamo visto qui, di recente è stata condizionata l’erogazione dei fondi previsti dal pacchetto Next Generation EU all’adesione ai principi basilari dello stato di diritto, tra cui l’indipendenza della magistratura. Ungheria e Polonia sono scese a compromessi e i fondi sono stati sbloccati, ma ciò non toglie che l’attuale situazione che concerne la magistratura polacca è ben lontana dal rispetto dei principi menzionati: le misure attuate rimangono allo stato dei fatti in vigore e non appare esservi l’intenzione di attuare un’inversione di rotta nel futuro più prossimo.

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