Provengono da Save the Children e dall’Organizzazione internazionale del Lavoro (Ilo) i dati sul lavoro minorile in Italia, un fenomeno sottovalutato ma ampiamente presente all’interno del nostro paese, che ha spinto le organizzazioni a richiedere una normativa più severa in materia. Le informazioni a disposizione parlano di 34omila bambini e giovani ragazzi costretti ad abbandonare la scuola e occupati dal punto di vista lavorativo, non in rari casi in mestieri poco sicuri.
Raffaella Milano, direttrice dei Programmi Italia-Europa di Save the Children, ha inquadrato così il fenomeno del lavoro minorile in Italia: «il picco di lavoro minorile si registra tra gli adolescenti, in quell’età di passaggio dalla scuola media alla superiore, che vede in Italia uno dei tassi di dispersione scolastica più elevati d’Europa e pari al 18,2 per cento. Risulta fondamentale intervenire per spezzare il circuito perverso tra disaffezione scolastica e lavoro minorile, rafforzando i progetti contro la dispersione scolastica, gli interventi di sostegno formativo per i ragazzi che hanno prematuramente abbandonato gli studi e favorendo una maggiore continuità fra scuola e lavoro attraverso percorsi protetti di inserimento lavorativo».
In Italia, secondo la normativa introdotta nel 2006, è vietato l’accesso al lavoro ai minori di 16 anni, ma secondo le statistiche il 7% dei ragazzi tra i 7 e i 15 anni è impiegato in un lavoro. Date le condizioni in cui molti bambini si ritrovano a causa di questo fenomeno, si può parlare di sfruttamento, che il più delle volte rimane celato perché avviene all’interno delle stesse famiglie. I settori in cui i giovani vengono impiegati sono molteplici: dalla ristorazione, all’artigianato fino al lavoro nelle campagne.
Il fenomeno del lavoro minorile è una questione drammatica per tutto il mondo. Sempre secondo i dati di Save the Children e dell’Ilo, 168 milioni di bambini sono indotti a lavorare, e la situazione più preoccupante risulta essere quella dell’Africa Sub Sahariana, dove la maggior parte dei giovani è impiegata nel settore agricolo.
Furio Rosati, direttore del programma di ricerca Ilo-Unicef- Banca Mondiale Understanding Children’s Work, ha spiegato: «Come emerge dal Rapporto mondiale sul lavoro minorile 2015 un bambino costretto a lavorare prima del tempo avrà il doppio delle difficoltà dei suoi coetanei ad accedere ad un lavoro dignitoso in età più adulta. E correrà molti più rischi di rimanere ai margini della società, in condizioni di sfruttamento. La scuola rappresenta una soluzione: è cruciale assicurare ai minori un’istruzione di qualità almeno fino all’età minima di accesso al mercato del lavoro, per garantire l’acquisizione delle conoscenze di base e delle competenze adeguate alle necessità del mercato del lavoro. Dobbiamo impedire che il lavoro minorile comprometta il presente e il futuro dei bambini e agire perché non accada, sia nei paesi in via di sviluppo che nei paesi più benestanti. Italia inclusa».
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