Quello della privacy è un argomento sempre molto caldo che non manca di scatenare dibattiti in merito alla loro gestione da parte di grandi aziende, ma anche alla semplicità con cui, troppo spesso, la maggior parte degli utenti tende a condividerli. Tutti sono a conoscenza del fatto che proteggere i propri dati personali sul web dovrebbe rappresentare una priorità per impedire che dati sensibili vengano sfruttati in maniera impropria da sconosciuti, ma in quanti dedicano davvero la giusta attenzione alla protezione della propria privacy online?
Ad offrire uno spaccato piuttosto preoccupante, in tal senso, ci pensa un nuovo studio realizzato dal team Kaspersky Lab, specializzato in sicurezza informatica. I dati che emergono da questo sondaggio condotto a livello globale, pone l’attenzione sulla scarsa consapevolezza che molti utenti hanno dei pericoli ai quali si espongono condividendo dati personali. Il primo dato che evidenzia quanto appena detto è abbastanza chiaro. Il 39% degli intervistati a livello globale dichiara di essere pronto a cedere i propri dati personali ad uno sconosciuto in cambio di denaro.
Secondo quanto rivelato da Kaspersky Lab, tutto parte da un dato fondamentale. Il 56% degli intervistati a livello globale, e il 63.5% in Italia, ritiene impossibile, al giorno d’oggi, godere di una completa privacy sul web. Ed è per questo che, essendo convinti di non poterli proteggere, molti utenti preferiscono svendere i propri dati personali, senza però rendersi conto delle conseguenze alle quali si espongono.
Da ciò emerge, quindi, che il 18% degli intervistati a livello globale, si dice disposto a cedere i dati personali per ottenere qualcosa in cambio. Dato che tra gli utenti intervistati in Italia, sale al 29%. Le conseguenze della condivisione di dati personali, anche per chi presta un minimo di attenzione alla protezione della propria privacy, per il 36% degli intervistati si è tradotto in un forte stress. Il 25% dichiara di essere stato disturbato da spam e pubblicità e il 21% ha subito perdite economiche.
Ma le conseguenze possono riguardare anche la condivisione volontaria di dati e informazioni personali, ad esempio sui principali social media. Un comportamento scorretto, che potrebbe riguardare la condivisione di messaggi inappropriati, potrebbe infatti ripercuotersi sulla propria carriera. Non a caso dati diffusi da Career Builder, rivelano come sempre più spesso i datori di lavoro controllino i profili social Instagram, Facebook e LinkedIn dei dipendenti per valutare il loro comportamento. E non c’è da meravigliarsi se il 57% dei datori di lavoro intervistati ha ammesso di non aver assunto alcune persone a causa dei contenuti condivisi. Mentre il 34% ha rimproverato o addirittura licenziato dipendenti che avevano mostrato un comportamento scorretto sul web.
A livello globale, cyber-criminali, internet e governi sono le entità più temute dagli utenti riguardo all’accesso ai dati personali. In Italia, invece, alla terza posizione tra le entità più temute, troviamo i social media.
Lo studio di Kaspersky Lab si concentra, infine, sui metodi più usati dagli utenti per proteggere i dati sensibili. Il 62% (in Italia il 64%) dichiara di usare la password per proteggere i propri dispositivi, mentre il 35% modifica con regolarità le impostazioni della privacy di dispositivi, applicazioni e servizi usati. Il 25% a livello globale e solo il 17% in Italia, arriva a coprire la webcam durante la navigazione online. Il 21% degli uomini usa la crittografia per proteggere i propri dati, mentre meno attente appaiono le donne. Solo l‘11% si affida alla crittografia per la protezione dei dati.
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