Forse i Maya non avevano sbagliato ad indicare la fine del modo il 21 dicembre 2012. Forse erano solo stati un po’ imprecisi, e avevano sbagliato di otto anni. D’altra parte, aspettarsi precisione allo scoccare del secondo quando si sta trattando di una profezia millenaria è chiedere troppo.
I Maya avevano redatto il calendario probabilmente tra i 250 e i 600 anni prima dell’anno zero, non c’è da stupirsi se il calcolo presenta un po’ di margine di errore. Questo 2020 ci ha portato, una dopo l’altra, una serie che sembra interminabile di sfortunati eventi. Tanto che, a pensarci, Lemony Snicket potrebbe scrivere una serie sui trigemini Pantano che si svolge non nel corso di anni, ma nei primi quattro mesi del 2020, ed avere abbastanza sfortune e cataclismi da riempire una dozzina di libri.
Tutto è iniziato, presentandosi camuffato da uno strascico di fine 2019, con gli incendi in Australia. Milioni di animali e specie vegetali hanno perso la vita, tantissime persone sono rimaste senza una casa, il cielo è rimasto grigio per giorni.
Poi c’è stata la ventata della terza guerra mondiale, con meme e tutto il resto. L’uccisione di Soleimani da parte degli USA sembrava avrebbe portato ad un incrinarsi di equilibri fragili ed un’escalation.
Nemmeno il tempo di riflettere sulla guerra, il Covid-19 si è moltiplicato e diffuso in Italia, in Europa, nel mondo. È stato dichiarato pandemia, e tutto il resto è passato in qualche modo in secondo piano. La prima pagina, la prima notizia di ogni giornale e telegiornale in tutto il mondo ruota intorno al virus.
Ad aprile, mentre tutti sono rinchiusi in casa, arrivano altre cattive notizie dell’Ucraina. Da sabato scorso, degli incendi sono divampati nei dintorno di Chernobyl, e le misurazioni nella zona stanno svelando livelli di radiazioni 16 volte superiori alla norma. Gli alberi trattenevano parte delle radiazioni, che stanno ora essendo rilasciate nelle aree circostanti. Niente di grave, dicono gli esperti, i livelli non sembrerebbero tanto alti da potersi considerare allarmanti.
Nonostante alcuni di questi pericoli possano forse considerarsi dei falsi allarmi, dei momenti bui che non hanno portato a niente di tragicamente concreto, resta la peculiarità di queste tragedie che si susseguono e si inseguono. Come se ognuna volesse superare l’altra e guadagnarsi il titolo più grande in prima pagina.
È come se avessimo di colpo cambiato la difficoltà di un videogioco: ora i nemici giungono da tutti i lati, di tutti i tipi, e tutti allo stesso tempo. Non resta che prepararci alla battaglia con il boss finale. Certo, alla fine andrà tutto bene, non facciamo i fatalisti, non ci sarà la fine del mondo (?).
Ma, lasciatemelo dire, sembra che il 2020 sia un anno con la sindrome del protagonista, e stia facendo di tutto per essere ricordato nella prossima edizione dei libri di storia. Ho un messaggio per il signor 2020: direi che sfiorare una guerra mondiale, distruggere ettari ed ettari di foreste, liberare radiazioni nucleari e scatenare una pandemia siano motivazioni sufficienti per avere film, libri e programmi Tv per almeno i prossimi 15 anni. La mania di protagonismo può finire qui.
Che ci resta? Ne usciremo, non adesso, ma ne usciremo. E sicuramente ne usciremo più forti, magari con priorità diverse, ridimensionate. Magari conosceremo meglio i nostri cari, e magari valuteremo più del solito la tranquillità e la monotonia della vita normale. Saremo più felici quando i notiziari parleranno solo del nuovo royal baby, o del numero di reggiseni trovati sparsi nel prato dopo il concerto di Vasco Rossi.
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