L’inquinamento marino da sempre ha come prima causa la plastica presente nei mari. Tra le 10 città più inquinanti per la plastica del bacino del Mediterraneo ben 5 sono italiane: Roma (che detiene il primato assoluto), Milano, Torino, Palermo e Genova. Complessivamente ogni anno finiscono nel Mediterraneo 229 mila tonnellate di plastiche: più della metà di questa plastica proviene da soli 3 Paesi: il 32% dall’Egitto, il 15% dall’Italia e 10% alla Turchia. È quanto emerge dal Report del WWF intitolato “Inquinamento da plastica negli oceani. Impatti su specie, biodiversità ed ecosistemi marini”, che analizza oltre 2.500 studi sull’inquinamento da plastica nei mari, con un focus sul Mediterraneo.
La plastica provoca danni alla vita marina attraverso diversi meccanismi come: intrappolamento, ingestione, soffocamento e rilascio di sostanza tossiche. Inoltre, le particelle di plastica più piccole, quando ingerite, possono attraversare i tessuti raggiungendo anche il cervello degli animali marini causando fenomeni di neurotossicità. Secondo i dati UNEP diffusi durante l’ultima conferenza sugli oceani tenutasi lo scorso luglio 2022: l’inquinamento marino rappresenta almeno l’85% dei rifiuti marini e i rifiuti di plastica sono il principale inquinante. Inoltre, l’80% della plastica che trova il suo destino nell’oceano proviene da fonti terrestri ed almeno 11 milioni di tonnellate di plastica vengono scartate nei nostri mari ogni anno. Questo vuol dire che, ogni minuto un camion della spazzatura di plastica viene scaricato nel nostro oceano.
Si prevede che, entro il 2040, l’equivalente di 50 kg di plastica per metro di costa in tutto il mondo fluirà nell’oceano ogni anno. In totale si stima che siano oltre 100 mila gli animali a morire ogni anno a causa della plastica. Questo è estremamente pericoloso non solo per la distruzione degli habitat marini, ma anche per le stesse specie che vivono sia dentro sia fuori dal mare. Secondo quanto confermato da una recente stima, entro il 2050 il peso delle plastiche presenti nei mari sarà superiore a quello dei pesci. Il modo più efficiente per affrontare il problema è quello di impedire che ulteriori quantità di plastica finiscano in mare. Gli oggetti di plastica monouso costituiscono il gruppo più numeroso di rifiuti trovati lungo le coste marine: prodotti come posate di plastica, bottiglie o mozziconi di sigaretta costituiscono, tutti insieme, più della metà dei rifiuti marini totali.
Oltre all’azione dei singoli, negli ultimi anni abbiamo assistito a progetti interessanti come The Ocean Cleanup, come #RethinkPlastic del network Plastic Oceans e a numerose attività di sensibilizzazione. L’Italia ha rimosso dal mercato i cotton fioc prodotti con bastoncini di plastica sostituendoli con bastoncini biodegradabili, a partire dal 2019. Gli stati europei tra cui l’Italia hanno abolito l’uso delle shopper in plastica sostituendole con quelle biodegradabili, ma ancora molto c’è da fare. A inizio 2018 la è stata pubblicata una nuova Strategia sulla plastica che prevede che entro il 2030, tutti gli imballaggi nel territorio UE siano riciclabili. L’uso di microplastiche dovrà essere drasticamente ridotto. Un passo necessario che ci auguriamo venga emulato da tutti i governi nel mondo, per scongiurare lo scenario da incubo che si prospetta: un mare popolato da plastica più che da pesci.
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