Secondo quando riportato dalla Protezione Civile, il 23 luglio è scoppiato un terribile incendio in Sardegna, divampato a causa di un incidente stradale, che si è propagato fino ai boschi ed è durato più di 60 ore, con costi economici, sociali ma soprattutto ambientali elevatissimi.
Nella giornata di venerdì 23 luglio la Protezione Civile aveva dichiarato il pericolo di incendi in alcune zone dell’isola, a causa anche delle elevatissime temperature: il bollino rosso riguardava il Sulcis, l’Oristanese e la Sardegna centrale. Pericolo elevato, con codice arancione per il Cagliaritano, la Gallura, il Nuorese e il Sassarese. Codice giallo, invece in Ogliastra e sulla costa sud occidentale. Nella mattina di sabato divampano i primi incendi, che si espandono sempre di più a un ritmo impressionante, complice il vento la temperatura che sfiora i 40 gradi. La zona dell’Oristanese è completamente assediata dal fuoco: bruciano campi, boschi, macchia mediterranea e alberi secolari, ma anche strutture e aziende agricole. Viene così dichiarato lo stato d’emergenza, annunciato dal governatore Christian Solinas: “Abbiamo appena deliberato lo stato di emergenza dopo una seduta della giunta aperta sia al Cor, cioè al Centro Operativo Regionale, con la protezione civile e il corpo forestale e i sindaci dei territori coinvolti. Lo stato d’emergenza ci serve per alleggerire la burocrazia e darci più agilità nelle contromosse rispetto a questa immane tragedia, ma anche per fare una conta dei danni e una stima che possa portare ad un ristoro immediato. Si tratta di una realtà senza precedenti. Sono 20mila ettari di bosco andati in cenere”. Il Dipartimento della Protezione Civile ha avviato il meccanismo europeo di protezione civile, chiedendo il supporto dei paesi dell’Unione Europea, con l’invio di velivoli per combattere gli incendi. Infatti, l’incendio che ha colpito la Sardegna rientra nella categoria dei «grandi incendi forestali», troppo estesi per essere domati e che possono venire arrestati soltanto mediante interventi aerei.
La catastrofe ambientale risulta davvero spaventosa: piante secolari bruciate, centinaia di persone costrette a lasciare le proprie case, animali che hanno perso la vita e campi agricoli devastati. Secondo l’assessore regionale dell’Ambiente Gianni Lampis, “la stima dei danni ambientali, sociali ed economici è incalcolabile. Solo sul Montiferru ci sono 20 mila ettari bruciati”. Serviranno almeno 15 anni per rigenerare le foreste e la vegetazione distrutta.
Davide Ascoli, ricercatore in pianificazione forestale e selvicoltura dell’Università di Torino, ha spiegato l’importanza della gestione boschiva nella prevenzione degli incendi in un contesto di cambiamento climatico pericoloso. Negli ultimi anni il cambiamento delle condizioni climatiche ha aumentata notevolmente la frequenza e l’insorgere di incendi: sono aumentate le temperature e si sono allungati sia i periodi di siccità. La vegetazione è l’altro fattore che influenza la propagazione delle fiamme, e su questo si può lavorare attivamente per prevenire il rischio di incendi, attraverso la gestione dei boschi e la rimozione di rami e piante secchi.
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