Abbiamo assistito inermi alla conta dei morti e dei danni dopo il tremendo terremoto dello scorso anno. Nessuno sapeva o poteva prevedere quanto poi è accaduto. Si è scatenata una furia che ha distrutto Cittadine, Paesi in pochi attimi, ha interrotto vite speranze, sogni e ha portato tanto dolore e morte in Italia. Le scosse sono durate per giorni, settimane, mesi scavando nell’animo delle persone. Il terremoto distrugge non solo le costruzioni ma tutti i riferimenti e le certezze di una vita, svuotando e lasciando solo distruzione morte e macerie. Sembra assurdo pensare che malgrado tutta la tecnologia sviluppata negli ultimi anni non si sia in grado, oltre a monitorare a prevedere il movimento delle faglie e dei terreni con un anticipo atto ad allarmare almeno la popolazione. Come prevenzione attiva, che svolga tutte una serie di accertamenti antecedenti al manifestarsi del fatto ancora siamo praticamente impotenti. Certo, come ci insegnano altri paesi, molto più reattivi di noi, già costruire edifici antisismici aiuterebbe non poco a ridurre gli effetti di distruzione e di morte.
Oltre alla strada della edificazione secondo norme antisismiche, si deve però sviluppare una cultura della prevenzione, sulla costruzione in zone sicure ed in ogni caso va ricercata una strada che porti alla determinazione preventiva dei terremoti.
Quattro mesi prima del sisma di Amatrice, un gruppo di ricercatori dell’Università La Sapienza di Roma, e un Dottorando Marino Domenico Barberio nei rilievi effettuati dai prelievi effettuati presso alcuni pozzi e fonti d’acqua nelle zone a sud di Amatrice avevano riscontrato valori alterati (Arsenico, Vanadio e Ferro). I valori sono stati di circa venti volte di più, rispetto al normale. (I dati sono stati presi a marzo/aprile 2016 – il terremoto si è manifestato ad Agosto). L’aumento di tali elementi è stato probabilmente dovuto ad una frattura nel terreno sottostante alle fonti che ha apportato – risaliti dal sottosuolo – un aumento significativo di tali elementi normalmente in concentrazione molto più bassa. Tale riscontro ha avuto conferma dal fatto che tali valori, a distanza di alcuni mesi dopo il terremoto sono tornati ai valori normalmente presenti nelle acque delle zone. Tale fenomeno era già stato notato in altre luoghi – anche all’estero – prima del verificarsi delle scosse sismiche. Purtroppo ancora non si è in grado di prevedere i terremoti con certezza, ma il monitoraggio delle acque e l’eventuale cambiamento della concentrazione di taluni elementi potrebbero essere un campanello d’allarme da non sottovalutare.
E’ ancora presto per parlare di veri precursori sismici, ma un primo passo verso una nuova ricerca è stato fatto. Potrebbe essere questa la strada giusta.
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