Ormai è diventata una patologia a tutti gli effetti. Simile a tutte le dipendenze, in quanto causa delle interferenze nella produzione della dopamina, neurotrasmettitore che regola il circuito celebrale della ricompensa. Secondo gli esperti la maggior parte delle persone colpite sarebbero giovani adulti con bassa autostima e problemi nelle relazioni sociali.
Con lo sguardo fisso sul monitor per la ricerca campo o in ansia per la batteria scarica, tutto ciò ha anche una definizione ben precisa: “Nomofobia”,
( formata dall’anglosassone No Mobile e da Fobia= paura) colpisce milioni di persone in tutto il mondo compresi molti italiani, notoriamente sempre attaccati al telefonino. Secondo i dati diramati dell’Università di Granada, vengono colpiti soprattutto giovani adulti con bassa autostima e problemi nelle relazioni sociali, che sentirebbero il bisogno di essere costantemente connessi e in contatto con gli altri attraverso il telefono cellulare. Nonostante i sintomi siano molto simili a quelli dell’ansia, uno studio condotto da ricercatori dell’Università Federale di Rio de Janeiro sembra indicare che la Nomofobia sia da considerare una dipendenza patologica piuttosto che un disturbo d’ansia.
Ma come si cura questa patologia? Secondo gli esperti lo psicodramma è la terapia ideale per guarire da questa sindrome. Un approccio ‘creativo’ che si manifesta con la messa in scena di una situazione attraverso verbalizzazione ed azione. Una terapia di gruppo che, attraverso il Teatro della Spontaneità – lo psicodramma ideato da Moreno – su realizza un lavoro di gruppo che sfrutta la messa in scena del proprio vissuto per una rielaborazione. Libera emozioni che sono legate al vissuto quindi aiuta la presa di coscienza di contenuti latenti.
È quanto emerge da uno studio della Scuola di Psicoterapia Erich Fromm, realizzata in occasione del XVIII Congresso Mondiale di Psichiatria Dinamica, che si svolgerà a Firenze dal 19 al 22 aprile, attraverso il monitoraggio e l’analisi di oltre 100 testate internazionali di settore e su un panel di 150 esperti di psichiatria dinamica.
“L’abuso dei social network può portare all’isolamento come conseguenza della Nomofobia – afferma il dott. Ezio Benelli, presidente del Congresso Mondiale di Psichiatria Dinamica e dell’International Foundation Erich Fromm -, ovvero la paura di perdere il collegamento dalla rete.
L’utilizzo smodato e improprio del cellulare come di internet può provocare non solo enormi divari fra le persone, ma anche portarle a chiudersi in se stesse, sviluppare insicurezze relazionali o alimentare paura del rifiuto, a sentirsi inadeguate e bisognose di un supporto anche se esterno e fine a se stesso. Ma lo smartphone, se usato in modo appropriato e intelligente, può assolvere a tre importanti funzioni psicologiche: regola la distanza nella comunicazione e nelle relazioni, gestisce la solitudine e l’isolamento assumendo quasi il ruolo di antidepressivo multimediale e permette di vivere e dominare la realtà, regalando l’idea di poter essere presenti e capaci di fermare lo scorrere del tempo con uno o più scatti”.
La Nomofobia fa parte di una serie di dipendenze che si riferiscono a una vasta gamma di comportamenti disfunzionali e anomali quali il gioco d’azzardo patologico, la dipendenza da TV, da internet, lo shopping compulsivo, le dipendenze dalle relazioni affettive, le dipendenze dal lavoro e alcune devianze del comportamento.
E tutto ha un nome, anche il comportamento compulsivo di guardare lo schermo del telefono per vedere se sono stati ricevuti messaggi o chiamate: il disturbo si chiama “ringxiety” (usando insieme le parole inglesi squillo e ansia).
Per le generazioni che sono cresciute senza lo smartphone c’è ancora l’ancora della memoria di utilizzare alternative come leggere un libro, dedicarsi allo sport , alla musica o anche semplicemente una passeggiata in un parco, respirare profondamente e godersi la visuale… senza l’ impulso di scattare un selfie!
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