A quanto pare lo stato di salute dei moscerini dei ghiacciai e anche le antiche specie “sentinella“, colonizzatrici degli ambienti più estremi per la vita, riescano a resistere all’aumento delle temperature grazie all’attivazione di uno pseudogene. Lo studio è stato svolto da Valeria Lencioni, idrobiologa e responsabile della Sezione di Zoologia degli Invertebrati e Idrobiologia del MUSE, in collaborazione con il CNR – Istituto di Biofisica di Povo.
Dopo la copertina della rivista Nature, dedicata allo studio sulle foreste pluviali portato avanti anche dal MUSE, l’attività di ricerca del Museo si distingue per un altro importante traguardo scientifico.
Oggi è la rivista internazionale PLOS One, tra le più prestigiose del settore, a dare visibilità ad un nuovo lavoro di ricerca che ha come protagonisti gli insetti stenotermi freddi che vivono nei corsi d’acqua alimentati dai ghiacciai delle nostre montagne. Insetti che – secondo i campioni raccolti nei torrenti glaciali dei gruppi dell’Adamello-Presanella, Ortles Cevedale e Dolomiti di Brenta e i successivi test di sopravvivenza in laboratorio – stanno soffrendo sempre più le variazioni di temperatura derivanti dal ritiro dei ghiacciai e dal riscaldamento globale. Mettendo in campo, sotto stress, affascinanti strategie molecolari scoperte grazie a questo lavoro.
Scopo della ricerca, che rientra nel campo della stress ecology ed è il frutto di anni di lavoro, è quello di studiare come questi insetti resistano all’aumento delle temperature, grazie a quali adattamenti genetici e a quali proteine, con previsione di quali chance potranno avere nel contesto dei cambiamenti climatici.
Uno studio particolarmente importante in chiave futura: le specie in oggetto, infatti, proprio per la loro elevata sensibilità a variazioni della temperatura ambientale, specializzati come sono a vivere in acque fredde (al di sotto dei 4°C), sono ottimi indicatori dei cambiamenti climatici e ambientali. Il loro destino dipenderà da quello dei ghiacciai che alimentano i torrenti in cui vivono: se i ghiacciai dovessero ritirarsi completamente, queste specie potrebbero rischiare di estinguersi, come successo in diverse zone dell’Alpi.
La specie presa in esame dai ricercatori del MUSE è la Diamesa tonsa, un moscerino che vive (come larva e pupa, nella sua fase giovanile) nei corsi d’acqua dove ancora le condizioni ambientali sono quelle tipiche di un torrente glaciale e l’habitat è integro. Nei torrenti Mandrone, Careser, Noce Bianco e Presena, così come nelle sorgenti del Grostè, è ancora molto abbondante.
I campioni raccolti, sottoposti in laboratorio a stress da calore, hanno impiegato una strategia molecolare che coinvolge la sintesi di Heat Shock Proteins (HSP), in cui entrano in gioco tre geni e uno pseudogene, con espressione differenziale sotto l’aumento della temperatura (da 4 a 15, 26 e 32 °C).
“L’obiettivo della ricerca – illustra Valeria Lencioni, idrobiologa e responsabile della Sezione di Zoologia degli Invertebrati e Idrobiologia del MUSE – è quello di ampliare le conoscenze su come questa specie “sentinella”, che si è evoluta e vive solo in acque molto fredde, riesca a controllare l’espressione genica a livello trascrizionale, traslazionale e proteico in condizioni di riscaldamento. La scoperta più rilevante è lo pseudogene. Utilizzando il chironomide Diamesa tonsa come modello e una combinazione di tecniche (RACE, qPCR, profilazione polisomica, western blotting e la bioinformatica) abbiamo scoperto un nuovo percorso molecolare che porta a strategie di adattamento allo stress precedentemente ignorate. L’espressione dello pseudo gene (Ps-hsp70) e la sua funzione suggeriscono l’esistenza di un nuovo e inaspettato meccanismo per far fronte allo stress termico: abbassare il ritmo di produzione delle proteine da stress (HSP), che costa molta energia alla cellula, per risparmiare energia quando ancora il livello di stress è “medio”, e ottimizzare le risorse per il recupero post-trauma”.
Sebbene gli pseudogeni siano spesso etichettati come DNA spazzatura, essi contengono all’interno delle loro sequenze informazioni notevoli riguardanti i meccanismi stessi dell’evoluzione. E questo è dovuto al fatto che essi derivano dalla duplicazione ancestrale di un gene funzionale, come ipotizzò per primo Charles Darwin.
“Nella specie da noi analizzata – prosegue Lencioni – il gene che codifica per il lncRNA (RNA non codificanti prodotti dalla trascrizione di pseudogeni, spesso con introni) è stato conservato nel genoma, ma non viene mai espresso in condizioni naturali (solo in condizioni di stress “medio”). L’lncRNA scoperto in Diamesa tonsa è impiegato come mezzo di regolazione genica e controllo della sintesi di HSP70. Perché uno pseudogene hsp70 è stato selezionato positivamente dalle forze motrici evolutive? – si chiede la ricercatrice – Un’ipotesi allettante è che la presenza di isoforme introniche inducibili potrebbe riflettere una strategia evolutiva e un adattamento per sopravvivere allo shock termico in organismi adattati a basse temperature, che vivono costantemente in acque molto fredde”.
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