Legge sulla cittadinanza: India sconvolta dalle proteste

Nel corso dell’ultimo mese l’India è stata teatro di numerosi e feroci scontri dovuti alla nuova legge sulla cittadinanza tanto agognata dal leader del Governo Narendra Modi. Dunque, dopo le critiche ricevute in seguito alla costruzione del muro ordinata al fine di celare i quartieri più umili e poveri della città di Ahmedabat, altre contestazioni piovono sul Premier Modi, il quale stavolta si trova a rispondere di accuse di discriminazione nei confronti delle minoranze musulmane.

Difatti, la riforma in parola prevede alcune agevolazioni per ottenere la cittadinanza indiana a favore dei soggetti che giungono nel paese dopo essere emigrati dai vicini Bangladesh, Pakistan e Afghanistan al fine di sfuggire alle persecuzioni subite nelle proprie rispettive nazioni di origine. Dunque, a primo impatto, sembrerebbe una norma alquanto encomiabile poiché andrebbe a favorire l’integrazione di persone che hanno alle proprie spalle situazioni particolarmente complicate.

Tuttavia, ad una lettura più attenta e approfondita della norma, si evince come la tutela di queste minoranze sia limitata ai credenti induisti, buddisti, jain, sikh, parsi e cristiani, lasciando di conseguenza un vuoto di protezione per coloro che professano la fede musulmana.

Secondo le dichiarazioni ufficiali rilasciate dal BJP, il partito di appartenenza di Narendra Modi, l’esclusione del riconoscimento della cittadinanza ai fedeli musulmani è riconducibile al fatto che questi ultimi non costituiscono affatto una minoranza nei propri paesi di provenienza, pertanto non necessitano di alcun provvedimento volto ad incoraggiare il loro ingresso e facilitare la loro permanenza in India.

Nonostante questo tentativo di giustificare la nuova legge, sottolineando le argomentazioni oggettive che hanno condotto alla differenziazione di trattamento fondata su motivi religiosi, la parte musulmana del paese (che ammonta a circa il 14 per cento dell’intera popolazione indiana) ritiene che la riforma persegua l’obiettivo, nemmeno troppo velato, di spingere ancor di più i fedeli musulmani ai margini della società, accentuando così le discriminazioni perpetrate nei loro confronti dal Governo.

L’operato del BJP e in particolar modo del leader Modi è quindi nuovamente sotto la lente di ingrandimento per quanto riguarda le politiche discriminatorie, poiché non è certo la prima volta che il Governo viene tacciato di pratiche di divisione della popolazione sulla base di sesso, religione, etnia e casta.

Ancora, molti di coloro che stanno scendendo in piazza a protestare sostengono come il nuovo provvedimento legislativo sia ampiamente anticostituzionale, andando esso a cozzare col principio di laicità dello Stato espresso solennemente dalla massima legge del paese.

In conclusione, gli scontri che stanno devastando ormai da giorni le strade del paese hanno già causato decine di morti e diverse centinaia di feriti. Risulta dunque essenziale trovare una soluzione, che in casi del genere non può che essere un compromesso, allo scopo di placare gli animi in rivolta e risanare le preoccupanti fratture che connotano tristemente la condizione politica, sociale e religiosa della nazione.

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