Come anticipato ieri, affrontiamo oggi la proposta del governatore del Piemonte di imporre una maxitassa sui colossi dell’e-commerce. Mentre rimandiamo all’articolo di ieri, che trovate qui, la spiegazione dei processi e delle motivazioni che rendono necessario, o quantomeno importante un intervento volto a regolamentare la tassazione dei grossi rivenditori che operano sul web, vediamo oggi nel dettaglio la proposta di matrice piemontese.
L’idea è quella che l’attuale tassa sull’e-commerce, circa del 3%, sia incrementata al 15%, con la possibilità che cresca fino al 30% nell’ipotesi in cui le attività commerciali dovessero essere obbligate a tenere le serrande abbassate durante il periodo natalizio. La proposta è appunto indirizzata a calmierare il danno sofferto dai commercianti pregiudicati dalle misure restrittive e, sull’altro piatto della bilancia, a regolamentare l’incremento del ricorso ai siti sopra menzionati, che sarebbe reso quasi inevitabile dalla chiusura delle attività commerciali fisiche.
Tra i principali attori scesi in campo in questi mesi per lamentare l’assenza di regolamentazione sui colossi dell’e-commerce vi è Confesercenti, che per mezzo del proprio portavoce Mauro Bussoni evidenzia come le vendite natalizie costituiscano per alcune attività fino al 40% del fatturato annuale e come la situazione emergenziale in cui ci troviamo, unita alla pressione fiscale quasi inesistente che (non) incombe su Amazon e compagni, ponga questi colossi in una posizione di monopolio.
La proposta di Bussoni, che tocca l’utopico, è quella di impedire la vendita online di prodotti non essenziali. Il divieto è ben lontano dalla possibile realizzazione, sia per ragioni legali, che pratiche. La proposta originata nella Regione Piemonte, invece, può fungere da compromesso tra misure più radicali e ipotesi maggiormente implementabili.
Certo, la strada che porterebbe il disegno di legge a trovare concretezza non è certo semplice: al momento la proposta di Cirio deve ancora essere votata in Consiglio regionale e anche nel caso in cui venisse accolta, sarebbe necessario l’appoggio di almeno altre quattro regioni affinché sussistessero i requisiti necessari a portare la proposta in Parlamento come proposta di legge a iniziativa regionale.
Il panorama, tuttavia, sembra essere il più favorevole possibile per, se non altro, permettere alla causa di acquisire visibilità nazionale. Il divario tra esercenti attività commerciali fisiche e digitali non è mai stato maggiore e non si esclude che tra le misure volte a favorire i commercianti non possa esservene una che, al di là dei tradizionali sovvenzionamenti, li collochi in una posizione di concorrenza più favorevole, rispetto a quella in cui si trovano ora.
L’impulso italiano non è una mosca bianca rispetto al panorama internazionale. In Francia, le comunità letterarie, ambientaliste, assieme alle associazioni di categoria, si sono mobilitate per sensibilizzare i cittadini a pensare ad un natale senza Amazon. L’hashtag #NoelSansAmazon è divenuto virale in breve tempo ed è stata avviata una petizione, che già nelle prime ore ha raccolto decine di migliaia di adesioni, nella quale vengono segnalate al governo francese le conseguenze economiche ed ambientali legate al ricorso massiccio all’acquisto online.
Non si sa se queste iniziative possano veramente danneggiare Amazon, anzi, è assolutamente improbabile, ma come abbiamo visto nell’articolo di ieri, l’unico nemico del colosso digitale è proprio la sensibilizzazione dei cittadini alla causa di salvaguardia delle attività tradizionali e non c’è dubbio per alimentare questa, movimenti come quello piemontese, o quello francese, siano senz’altro funzionali.
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