Nonostante dall’Unità d’Italia siamo aumentati notevolmente, il numero dei nati è tornato quello dei tempi di Garibaldi. L’Istat rilascia un disastroso indice demografico con 488mila nascite nel 2015, 8 per mille residenti contando 15mila nascite in meno rispetto al 2014. Ogni donna fa in media 1,35 figli e con il quinto anno di seguito si segna una notevole riduzione della fecondità. Cresce invece l’età media delle donne al momento del parto, ossia 31,6 anni.
All’inizio del 2016 la popolazione italiana è pari a 60 milioni e 656mila unità, di cui 55 milioni e 602mila italiani con un calo di 179mila unità, e 5.054mila stranieri che aumentano di 40mila rispetto al 2015. L’Istat segnala anche che la popolazione residente è calata di 139mila unità sempre rispetto allo scorso anno. Gli stranieri residenti in Italia al primo gennaio 2016 sono 5 milioni 54mila e rappresentano l’8,3% della popolazione totale. Rispetto a un anno fa si riscontra un incremento di 39mila unità. La popolazione diminuisce uniformemente sul territorio, ma con maggiore intensità nel Mezzogiorno (-3,1 per mille) rispetto al Nord (-1,8) e al Centro (-2,1). Lombardia (+0,5 per mille) e, soprattutto, Trentino-Alto Adige (+2,3) rappresentano le uniche realta’ in cui la popolazione aumenta. Si registrano altrove diminuzioni ovunque, particolarmente intense in Liguria (-7,9 per mille), Valle d’Aosta (-7,2 per mille ), Basilicata (-5,2) e Marche (-5,1).
Come se non bastasse il 2015 rimarrà nella storia, fino ad oggi, come l’anno con più alto indice di mortalità dal secondo dopoguerra: i morti secondo gli indicatori dell’Istat sono stati 65 mila, 54mila in più dell’anno precedente (+9,1%). L’aumento di mortalità risulta concentrato nelle classi di età molto anziane (75-95 anni). Parlando dal punto di vista demografico, questo picco trova spiegazione negli effetti strutturali connessi all’invecchiamento e in parte al posticipo delle morti non avvenute nel biennio 2013-2014, più favorevole per la sopravvivenza.
Nel 2015 il peggioramento delle condizioni di sopravvivenza si traduce, per gli uomini come per le donne, in una riduzione della speranza di vita. Alla nascita quella dei primi si attesta a 80,1 anni, con una riduzione di 0,2 sul 2014; quella delle donne invece è di 84,7 anni, in calo di 0,3. Guardando i dati in serie storica (dal 1974, primo anno dal quale l’Istat dispone di una serie continua) non è la prima volta che la speranza di vita alla nascita registra variazioni congiunturali di segno negativo (nel 1975 e nel 1983; nel 1980, nel 2003 e nel 2005 limitatamente alle donne) ma mai di questa intensità, in particolar modo per le donne.
C’è da dire però che il processo di invecchiamento assoluto e relativo, non diminuisce. Gli ultrasessantacinquenni sono 13,4 milioni, il 22% del totale. In diminuzione risultano sia la popolazione in età attiva (15-64 anni) sia quella fino a 14 anni. La prima scende a 39 milioni, il 64,3% del totale, la seconda comprende 8,3 milioni di ragazzi e rappresenta il 13,7%.
Oltre ai decessi e alle poche nascite che segnano una diminuzione numerica nel Bel Paese, anche la fuga verso l’Estero aumenta questa discrepanza con centomila cittadini italiani che nel 2015 si sono cancellati dall’anagrafe per trasferirsi altrove, con percentuali in aumento rispetto al 2014.
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