La Commissione Europea avvia una procedura d’infrazione nei confronti del Regno Unito

L’Unione Europea ha attivato il proprio ufficio legale per mettere in mora il Regno Unito, colpevole di aver violato per due volte consecutive l’accordo stipulato nel 2019 nel contesto della procedura Brexit, riguardo la regolamentazione del confine tra Irlanda ed Irlanda del Nord. Il Protocollo dell’Irlanda del Nord è stato infatti stipulato tra l’Unione e il Primo Ministro Johnson, con l’intento di prevenire la costituzione di un confine fisico effettivo tra Irlanda, appartenente al Mercato Unico Europeo e Irlanda del Nord, che invece, in quanto parte del Regno Unito, sarebbe stata soggetta alla Brexit.

Tale accordo rispecchiava le esigenze economiche e pratiche della penisola dell’Ulster, la quale al referendum del 2016 votò “remain” una maggioranza del 56%. L’Irlanda del Nord rappresenta un’area storicamente complessa, per la cui descrizione risulta centrale il Good Friday Agreement, tramite il quale furono poste le basi per la qualificazione giuridica del territorio e per delineare i rapporti con i paesi circostanti, al termine del conflitto tra Irlanda del Nord e Irlanda, protrattosi dai primi anni del 1960 fino appunto al 1998, anno di stipulazione dell’accordo suddetto.

Fondamentale, a detta degli stessi governatori dei paesi interessati, per il mantenimento del contesto di pace e cooperazione è l’assenza di un confine fisico effettivo tra le due Irlande, obiettivo che il Primo Ministro britannico Johnson non sembra affatto intenzionato a realizzare. Proprio in risposta a questo atteggiamento si colloca la comunicazione della Commissione Europea, nella quale viene espressa chiaramente l’intenzione di far ricorso ad un meccanismo giudiziario nel caso in cui perdurasse la violazione dell’accordo da parte del Regno Unito.

In poche parole, bisogna che venga emanato un provvedimento che chiarisca la situazione doganale tra i due paesi al più presto, pena ulteriori provvedimenti comunitari. Da oggi, il Regno Unito avrà un mese di tempo per recepire la comunicazione e formulare le proprie osservazioni e proposte.

L’argomento è di interesse più che altro in considerazione del contesto in cui si inserisce: quello dei paesi soggetti agli effetti della Brexit, ma diversi dall’Inghilterra. Ormai da mesi vi sono spinte provenienti soprattutto dalla Scozia per un tentativo di secessione dal Regno Unito, che appare molto complesso, o per raggiungere un accordo che permetta a Scozia ed Irlanda del Nord di rimanere all’interno del Mercato Unico Europeo, cosa che era in parte accaduta proprio con l’accordo di cui sopra con l’Irlanda del Nord, il cui rispetto nella pratica è tuttavia carente.

Ad ogni modo, questa volontà centrifuga è destinata a farsi sentire anche nei mesi a venire, data anche la presenza della voce di peso non indifferente del presidente americano Joe Biden, il quale si è espresso contro la linea governativa inglese sia con riferimento alle richieste di indipendenza di Scozia e Irlanda del Nord, sia con riferimento specifico alla questione del confine tra Irlanda del Nord e Irlanda. Un ospite indesiderato per Johnson ben diverso dal suo predecessore Trump e, se da un lato non esistono mosse che possano obbligare Johnson ad alleggerire la propria linea governativa, sicuramente dall’altro Stati Uniti e Unione Europea possono giocare un ruolo in termini di pressione politica.

A quel punto, per sedare gli animi, forse, non basterebbe più nemmeno il ponte Borisconi.

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