Dalla seconda settimana di marzo la Nba si è dovuta fermare per via del riscontro positivo al Covid-19 del tampone del centro degli Utah Jazz Rudy Gobert. Un colpo di scena che ha poi portato all’allargamento della platea degli atleti positivi.
Primo fra tutti Kevin Durant, poi Donovan Mitchell (compagno di squadra di Gobert), Marcus Smart tra gli altri ed infine, purtroppo, la madre della stella di Minnesota Karl Anthony-Town, deceduta per le complicazioni della polmonite da Coronavirus.
La stagione, per la prima volta dall’unificazione Nba-Aba e ancor prima dalla Seconda Guerra Mondiale, è sospesa fino a data da destinarsi in attesa degli sviluppi epidemiologici negli Stati Uniti. Incredibile che proprio la positività sembra aver svegliato le coscienze americane, assopite all’idea della circolazione del Coronavirus nel paese.
Ora però le casse della lega piangono, le perdite nell’anno fiscale 2020 si prospettano disastrose. Probabilmente anche nell’ordine dei miliardi di dollari. I giocatori sembrano non essere però intenzionati a voler tornare in campo.
Il commissioner Adam Silver ha anche parlato di una possibile sospensione a tempo indeterminato, stimata nell’ordine degli anni, della possibilità di accesso alle strutture per i tifosi, probabilmente lasciati fuori dalle arene fino al tardo 2021.
Nel mentre si riflette sulle soluzioni logistiche per riprendere a giocare, in modo da incassare i sostanziosi premi dei contratti televisivi. Chiaramente le enormi traversate in aeroplano che normalmente le squadre della Nba fanno non sono praticabili.
30 squadre sparse per una ventina di stati federati con tutti i membri dello staff al seguito vorrebbe dire centinaia di persone sugli aerei con costi enormi per i controlli sanitari. L’opzione migliore sembra quella di far giocare tutti in uno dei simboli dell’americanismo.
Disneyworld, Orlando, Florida. La località prescelta è la casa di Topolino, che è probabilmente grande come una città di medie dimensioni ed è dotata di infrastrutture molto avanzate (chi scrive ha avuto la fortuna di andarci e può confermare). Come mai non Disneyland a Los Angeles?
Semplicemente perché la zona dove si trova Disneyworld è a bassissima densità abitativa, rispetto all’omologo californiano, inoltre la maggior parte delle squadre sono più comode a spostarsi verso Orlando per ragioni geografiche.
Sarebbe imposto il tampone negativo per poter entrare in campo e giocare. La positività di un giocatore invece pare che significherà la sospensione di tutta l’operazione. Ovviamente l’accesso sarà interdetto al pubblico ed allo staff non essenziale.
Ancora non è chiaro quanto sia plausibile questa ipotesi, che resta la più chiacchierata, né con che formula si svolgerà il campionato. Sarà un proseguo della stagione regolare oppure si deciderà di andare a giocare direttamente i playoff?
Si attendono sviluppi, chiaramente è importante seguire La Ragnatela per poter rimanere aggiornati.
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