“Si presuppone che – a parte taluni casi – il matrimonio derivi da una libera volontà”. “Il desiderio dello stare insieme non dovrebbe essere un’imposizione”. “Tutto ciò che succede dentro le mura di casa dovrebbe essere un affare che esula l’intromissione del legislatore”. “E’ bene che ci sia il diritto di famiglia, che sia riconosciuta l’unione civile, che abbia avuto finalmente anche il via libera l’unione tra le persone dello stesso sesso, ma arrivare a legiferare sulla fedeltà coniugale mi sa di assurdo“…
Tra le questioni lasciate in sospeso di cui discutere tra Camera e Senato, c’è anche una proposta di legge, che in un unico articolo, si interessa al discorso relativo alla fine dell’obbligo della fedeltà coniugale.
Al momento in cui ci si sposa, per quel che mi ricordo, c’erano tanti doveri reciproci che si menzionavano, che in effetti hanno un senso logico, se ci si sposa volontariamente. Eliminarne anche uno solo, tipo la reciproca assistenza, di fatto fa cadere un principio che si potrebbe definire “ovvio”, se ci si ama ci si assiste, nella gioia e nel dolore nella salute e nella malattia. Non è un peso, indica che si è disposti a condividere le cose belle e brutte che la vita ci porrà innanzi col trascorrere del tempo. Con quale interpretazione il legislatore va ad affrontare un tema troppo personale come la fedeltà?
Lascio da parte il matrimonio, percorrendo la strada che va nella direzione dell’unione civile…
Il Parlamento sta per affrontare a breve la fine dell’obbligo di fedeltà, così come attualmente sancito dall’art.143 CC “in quanto retaggio di una visione ormai superata e vetusta del matrimonio, della famiglia e dei doveri e diritti dei coniugi”. (ma questo rientra proprio- come già detto – nei principi del matrimonio).
Presentata a Febbraio del 2016 dalla Senatrice Laura Cantini (sostenuta anche dagli onorevoli Bencini, Borioli, Capacchione, Cardinali, Cirinnà, Fabbri, Lo Giudice, Maran, Morgoni, Pezzopane, Puglisi) ha il suo fine, non nel tutelare chi si volesse divertire alle spalle dell’altra parte, ma di tutelare chi per motivi riconducibili ad una persistente mancanza, ha avuto la debolezza di cedere alle attenzioni di altra persona, in assenza di un tangibile contatto e reciproca presenza del coniuge disinteressato.
Secondo la sentenza della Corte di Cassazione n. 7998 del 2014, il giudice non può fondare la pronuncia di addebito della separazione sulla mera inosservanza del dovere di fedeltà coniugale, ma deve verificarne l’effettiva incidenza causale sul fallimento della convivenza coniugale previo accertamento rigoroso e di una valutazione complessiva e comparativa del comportamento di entrambi i coniugi, tenendo conta anche della frequenza e delle modalità con cui la infedeltà è avvenuta.
Se la si vede così ha tutta un’altra valenza. Condannare e sottoporre alla gogna chi ha avuto un flirt extraconiugale deve avere una giusta interpretazione oggettiva. Non si vuole giustificare il comportamento, ma come si dice in questi casi, le colpe vanno ricercate e accertate in entrambe le parti.
Forse ciò che si va a definire non è tanto una legge che è più permissiva, e quindi va a far cadere uno dei principi del matrimonio, ma è una legge che va far cadere proprio il matrimonio.
Il testo attualmente al vaglio della Commissione preposta è composto da un solo articolo. Ora bisogna vedere se quanto proposto ricalca la sentenza della Corte di Cassazione o più semplicemente diventi una legge completamente permissiva che va a rivoluzionare il senso stesso del matrimonio. Sopprimendo del tutto l’obbligo di fedeltà cadrebbero i principi già noti.
Senza obbligo di fedeltà il tradimento non sarebbe più considerato un elemento valido per chiedere la separazione e il divorzio. In effetti però cadrebbero tanti obblighi. Non che il tradimento/fedeltà siano l’elemento collante quando ci si ama, ma analizzandone uno alla volta si potrebbe arrivare a capire che il matrimonio stesso è un concetto superato. Si potrebbe arrivare a parlare di semplici unioni civili, con i diritti e i doveri di una “società su base familiare”, il famoso Contratto di Convivenza, che prevede gli obblighi di reciproca assistenza, sussistenza e mantenimento, crescita dei figli (con l’avvento della legge n. 21/2012, è stato superato il “problema annoso della distinzione tra figli legittimi e figli naturali) Un concetto disamorante ma forse più attuale e razionale.
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