Nella giornata di ieri la cassazione ha confermato le condanne relative all’omicidio Vannini: 14 anni di reclusione per Antonio Ciontoli, 9 anni e 4 mesi per la moglie Maria e i due figli in relazione alla sentenza d’appello bis.
Il caso: era la notte tra il 17 e il 18 maggio del 2015, quando un colpo di beretta calibro 9 inflitto da Ciontoli, colpisce il braccio per poi arrivare al cuore del giovane Marco, ancora ventenne. Marco Vannini e Martina Ciontoli si sono conosciuti tre anni prima della tragedia, lui di Cerveteri e lei di Ladispoli, consolidano da subito un amore e un forte legame. Lui fa il bagnino, è un bravissimo ragazzo, solare e generoso, tanto da essere apprezzato da chiunque lo abbia conosciuto. Il problema risiede nella profonda gelosia di Martina, che la porta ad impedire al ragazzo di vedersi con i propri amici e familiari. I litigi si inaspriscono dal momento in cui Martina apprende la volontà di Marco di entrare in Accademia. Qualcosa va storto, Antonio Ciontoli, sottoufficiale della Marina Militare, promette a Marco di inviare lui stesso la domanda. La risposta sarà però negativa e il giovane Vannini viene respinto. Martina non voleva che il proprio ragazzo facesse il militare, sarebbe stata sicura di perderlo e così, facendo pressione al padre, lo convince ad omettere un documento nella richiesta di ammissione. La famiglia Vannini, scossa dal fatto, decide di far analizzare le carte allo zio del ragazzo e di aiutarlo nella compilazione di una nuova domanda.
La morte: il 17 maggio, la famiglia Vannini decide di fare un pranzo familiare nella casa a Bracciano. Marco è al lavoro e la fidanzata raggiunge la famiglia al casale. Lo zio si fa sfuggire sbadatamente il fatto che abbia aiutato il nipote, Martina se ne accorge ed entra nel panico. Visto come un tradimento, decide di comunicare il fatto alla propria famiglia. La sera stessa Marco va nella villetta di via De Gasperi. Lì trova Antonio Ciontoli, la moglie e i suoi due figli. Martina continua a ripetere al padre “Lo vedi papà?”, indicando Marco. Verso le 23, dalla beretta di Ciontoli, che stava puntando per scherzo al giovane Vannini, parte un colpo. Marco viene preso sul braccio, un intervento tempestivo gli avrebbe potuto salvare la vita, ma non fu così. La famiglia Ciontoli temporeggia, cerca di capire quale sia la soluzione migliore. Qualche chiamata viene poi fatta al 118, fingendo che quel buco sul braccia sia stato dovuto ad un pettine appuntito. Marco non ce la fa, muore al PIT di Ladispoli qualche minuto dopo.
Il caso fa scalpore, TV e radio non fanno che parlare dell’accaduto, nella più completa incredulità generale e senza avere certezze di come siano andati i fatti. Tutta la famiglia viene così coinvolta a processo, inizialmente vengono proposti 14 anni per Antonio e 3 anni agli altri familiari per omicidio colposo. Nel secondo processo di appello, la Cassazione ritiene sia doveroso parlare di omicidio volontario. Dopo 6 anni dall’accaduto, le condanne sono finalmente definitive: Antonio Ciontoli 14 anni, Maria, la moglie e i figli, Martina e Federico, 9 anni e 4 mesi.
Una serie di false testimonianze, per proteggere Ciontoli dalla possibilità di perdere il posto di lavoro, sono state completamente smascherate. La famiglia Vannini, dopo anni di tribolazioni e sconforti, può tirare un sospiro di sollievo, “Giustizia è fatta!”
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