Il 20 marzo 2020 la Commissione Europea ha ufficialmente annunciato la sospensione del Patto di stabilità e crescita (così come era stata sospesa la libera circolazione delle persone garantita dal Trattato di Schengen, per permettere agli Stati membri della UE di poter meglio fronteggiare le conseguenze economiche della pandemia da Covid-19.
Il Patto di stabilità e crescita è stato il fulcro del dibattito sull’UE per anni, considerato da alcuni l’unico vero strumento in mano alla burocrazia europea per controllare le finanze degli Stati, per altri il nemico della crescita economica, colpevole di gravi effetti depressivi sulla domanda interna.
Certo è che l’UE si trova di fronte ad un importantissimo banco di prove, non è da escludere che dal comportamento della stessa nei confronti dei membri più gravemente colpiti (Italia in primis ma anche Spagna e Francia) possa dipendere anche la sua futura integrità. Altrettanto sicuro è che il Patto di stabilità, con i suoi grevi vincoli macroeconomici (tetto massimo al rapporto deficit/PIL e debito/PIL, rispettivamente al 3% e al 60%, il secondo in particolare regolarmente disatteso), non è compatibile con le situazioni di emergenza.
Ora più che mai gli Stati UE hanno necessità di pompare liquidità nel sistema, con spesa pubblica, garanzie e Quantitative Easing della Banca Centrale Europea, per garantire la prosecuzione dell’attività produttiva. Per questo motivo è stata accolta con giubilo bipartisan la decisione della sospensione del Patto da parte della Presidente della Commissione Europea Ursula von der Leyen.
Nessuna voce, neanche quella più europeista e pro-austerity, si è alzata in difesa delle limitazioni macroeconomiche.
Fatto sta che il Patto, seppur fatto applicare con enorme e generosa flessibilità, era, e ritornerà ad esserlo con ogni probabilità, in vigore dal 1997. Com’era il mondo l’ultima volta che il Patto di stabilità e crescita non era attivo, non aveva forza cogente?
Innanzitutto chi vi scrive non era ancora nato. Il Brasile era campione del Mondo (grazie al rigore sparato in orbita di Roberto Baggio, sic) e la Nba era dominata dai Bulls di Michael Jordan, l’Oscar per il miglior film lo vinceva Il paziente inglese, mentre a Palazzo Chigi sedeva Romano Prodi, alla prima delle sue due esperienze di governo.
L’Italia usciva da poco dal più grande scandalo di corruzione nel sistema politico nella Storia dell’emisfero occidentale. Mani Pulite cambiò completamente la società italiana, tramutando il sistema politico in parzialmente bipolare, almeno per un periodo. L’avvento di Silvio Berlusconi e l’arrivo dell’Euro ci accompagnavano verso il Terzo Millennio, mentre un giovane Francesco Totti calcava i primi passi sull’erba dello Stadio Olimpico di Roma, con la prima di tante maglie giallorosse.
Presidente della Repubblica era ancora Oscar Luigi Scalfaro, il timoniere che ci ha trasportato nella annosa e piena di insidie transizione dalla Prima alla Seconda Repubblica. Termine tutt’altro che formale, anzi di mero uso giornalistico, molto caro tuttavia alla stampa italiana ed alla storiografia.
I cellulari erano ancora roba per pochi, la Apple un’azienda principalmente orientata alla produzione dei personal computer, l’I-Phone doveva ancora essere partorito dalla geniale mente di Steve Jobs. Sempre dall’altra parte dell’Oceano alla Casa Bianca sedeva Bill Clinton, che da lì a pochi mesi sarebbe stato coinvolto nell’antipatico scandalo Sexgate, che coinvolse anche la sua segretaria Monika Lewinsky.
Proprio quell’anno il marito della futura Segretario di Stato Hillary si apprestava ad affrontare la sua seconda presidenza, dopo aver sconfitto il Repubblicano Bob Dole, senatore per l’Arkansas.
L’UE era ancora qualcosa di nuovo ma cominciava a far parte della nostra vita, ponendosi già all’epoca al centro del dibattito politico.
Sembrano due mondi diversi, due pianeti sconosciuti l’uno rispetto all’altro, quelli che abbiamo visto nel 1997, l’ultimo momento di assenza dei vincoli di bilancio, e oggi.
Indipendentemente dal fatto che piaccia o meno, l’UE e le sue regole hanno scandito i tempi della nostra vita, accompagnandoci nella nostra crescita e formazione individuale personale ed intellettuale.
Un altro esempio di come l’epidemia da Covid-19 abbia spinto a mutamenti profondissimi la società italiana europei, oltre che ad un terribile dramma morale. Un cambiamento epocale quello imposto dalla diffusione del patogeno che segnerà uno spartiacque nella storia del Vecchio Continente.
Ma soprattutto, un ennesimo motivo per fermarci a riflettere sulle fragilità umane e di come spesso, purtroppo, solo immani tragedie (due guerre mondiali docet), siano in grado di innescare revisioni degli ordini costituiti.
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