La Polonia è uno degli Stati europei in cui l’accesso all’aborto viene maggiormente limitato, essendo infatti concesso soltanto in caso di stupro, incesto, pericolo per la vita della madre e malformazioni del feto. Un disegno di legge presentato qualche settimana fa al Parlamento polacco mira a restringere ulteriormente i limiti entro i quali le donne del paese possono legittimamente abortire.
Infatti il Comitato “Stop all’aborto”, dopo aver diffuso una petizione tra i cittadini, ha avanzato una proposta legislativa che renderebbe illegale l’interruzione volontaria della gravidanza dovuta a malformazioni del feto.
Promotore dell’iniziativa è stata Kaja Godek, nota attivista pro-vita molto incline agli ideali di estrema destra.
Il Parlamento ha stabilito di non votare immediatamente il testo ricevuto, decidendo invece di affidare la proposta alla previa valutazione della Commissione parlamentare.
La notizia riguardante l’eventuale irrigidimento della legge sull’aborto non è passato inosservato. Così in Polonia, nonostante il lockdown imposto dal Governo a causa dell’emergenza Covid-19, moltissime persone sono scesi in piazza a manifestare il proprio malcontento nei confronti di questa ipotesi, ritenuta da molte donne una ingiustificata ed eccessiva limitazione alla libertà di controllo sul proprio corpo.
Dal momento che le forze dell’ordine polacche hanno in molti casi interrotto queste rimostranze – proprio per far rispettare i termini dell’isolamento- gli oppositori del disegno di legge hanno dovuto escogitare nuove modalità per far sentire la propria voce. E ovviamente non può che trattarsi di modalità 2.0.
Difatti sono state numerosissime le iniziative online intraprese per combattere questa battaglia a distanza, sfruttando pertanto il potere divulgativo intrinseco ai social network.
Pertanto, allontanandoci soltanto per un momento dal tema trattato, abbiamo avuto modo di cogliere ancora una volta la capacità del web di alimentare e rafforzare la democrazia all’interno della società.
Tornando alla questione dell’aborto, i dati riportati in un articolo de “La Repubblica” chiariscono il fatto che le malformazioni del feto costituiscono la netta maggioranza delle ragioni per cui le donne polacche decidono di far ricorso all’interruzione della gravidanza. Di conseguenza, nel momento in cui questa voce fosse realmente espunta dai casi nei quali l’aborto è lecito, quest’ultimo sarebbe, de facto, quasi completamente proibito.
Una statistica del genere aiuta a comprendere meglio il motivo delle forti preoccupazioni che stanno alla base delle proteste svoltesi nel paese.
Non è nostro interesse affrontare la tematica della legittimità o della moralità della pratica dell’aborto.
Ciò che invece potrebbe risultare utile in questa sede è parlare brevemente degli effetti pratici che i limiti all’interruzione della gravidanza portano con sé.
Moltissime donne che non possono abortire secondo la legge decidono di percorrere vie alternative allo scopo di non partorire. Coloro che ne hanno la possibilità si recano all’estero, così da sottoporsi al trattamento medico negli Stati in cui le leggi le leggi sono più permissive.
Tutte le altre al contrario acquistano abusivamente – il più delle volte online- le pillole abortive e le assumono senza alcun controllo da parte di dottori professionisti.
Pertanto e in conclusione, siccome le scelte politiche non possono astrarsi dalla realtà sociale nella quale verranno applicate, i membri del Parlamento, al momento della votazione conclusiva, dovranno tenere bene in mene l’impatto potenzialmente drammatico che questa riforma potrebbe avere sulla salute di molte migliaia di donne polacche.
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