Si è tenuta a Parigi nella Salle Pleyel, il 28 febbraio, la quarantacinquesima edizione dei Premi César, una sorta di Oscar alla francese. Sul palco si sono alternati i massimi esponenti del cinema d’oltralpe. Oltre a celebrare i successi personali del singolo cineasta, l’occasione è stata visibilmente utilizzata come momento di festeggiamento in onore di tutto il cinema francese. Un cinema tra i più apprezzati al mondo, con le cui tradizioni la popolazione sembra avere ancora oggi un legame profondissimo.
Non sono però mancate le polemiche, in particolar modo per la presenza in lizza tra i candidati vincitori di un personaggio estremamente divisivo, il leggendario cineasta Roman Polanski. Infatti, il regista polacco è tornato nelle sale quest’anno con L’Ufficiale e la Spia, commercializzato in Francia con il nome di J’accuse, un lungometraggio incentrato sulla vicenda dell’affaire Dreyfus. La vicenda dell’ufficiale militare francese accusato di spionaggio e di essere un doppiogiochista alleato con i tedeschi rappresenta involontariamente una bella metafora della polarizzazione che innesca la figura di Polanski.
La sua storia è stata sempre macchiata da episodi ambigui. Nel più celebre lui però non era coinvolto. Non era presente infatti quella sera a Cielo Drive quando la Charles Manson Family massacrò sua moglie in dolce attesa (all’ottavo mese) ed altri amici in una villa di Los Angeles. Da quello che fu il più sconvolgente caso di cronaca nera del secolo in poi, la vita di Polanski è stata offuscata da comportamenti assolutamente censurabili e da una dolorosa fuga dagli Stati Uniti, la terra che gli aveva dato il successo planetario.
Il caso più noto è quello dell’accusa stupro, grazie alla somministrazione con l’inganno di narcotici, alla modella neanche quattordicenne Samantha Geimer, nella villa di Jack Nicholson. Grazie al patteggiamento si dichiarò colpevole solo dell’aver avuto un rapporto sessuale extra-matrimoniale con una persona minorenne, senza che venga nominata la parola “stupro”. Nonostante ciò il giudice sembrava essere orientato per la pena detentiva (in carcere trascorse solo qualche settimana ma uscì in attesa della decisione grazie alla condizionale) e così Polanski decise di fuggire dagli Stati Uniti. Da lì non vi ha mai più rimesso piede, prendendo la cittadinanza francese per evitare di essere estradato e stabilendosi a Parigi. Negli anni, contro di lui sono piovute altre accuse.
Per questo tutti i suoi film, anche se la trama è ambientata negli Stati Uniti (come Carnage, teoricamente ambientato in un appartamento di New York con Jodie Foster, Cristoph Waltz, Kate Winslet e John C. Reilly), sono sempre girati in Francia o comunque in paesi dove non rischia l’estradizione. La sua carriera cinematografica dunque prosegue e la sera del 28 febbraio è stata nuovamente celebrata con la vittoria di tre Premi César, ai costumi, all’adattamento e soprattutto alla regia, anche se lui non era presente.
Proprio l’annuncio di questa vittoria ha fatto scalpore tra la platea della Salle Pleyel, da dove si è alzata l’attrice francese Adèle Haenel, che nel 2019 ha accusato un regista connazionale di averla molestata quando era a malapena adolescente. Il processo è ancora in corso ma nel mentre, a detta di molti, la Haenel ha assunto il ruolo di leader della versione in salsa francese del movimento #MeToo, che diede vita ad una serie di denunce ad Hollywood (coinvolgenti anche attrici di altissima caratura come Gwyneth Paltrow) e che ha ottenuto un’importante vittoria con la condanna al produttore Harvey Weinstein nei giorni scorsi.
Ovviamente il gesto ha creato enorme scalpore. Da una parte alcuni personaggi lo hanno appoggiato, ritenendo impossibile la separazione totale tra persona e artista, non potendo dimenticare le diverse accuse rivolte a Polanski, ricordando che il regista polacco sarebbe immediatamente tratto in arresto se mettesse piede negli Stati Uniti. La cittadinanza francese però rende complicata qualsiasi ipotesi di estradizione. Viene fatta presente anche la comparsa del regista sulla lista dei ricercati dell’Interpol negli anni precedenti. La giuria dei Premi César è stata anche costretta a dimettersi in blocco per via delle polemiche dei giorni precedenti.
Dall’altra parte, per quanto i gesti di Polanski non siano mai stati ovviamente difesi, altri premono sulla distanza temporale tra oggi e le date degli eventi ed invitano a giudicare l’opera con maggiore freddezza senza farsi condizionare dal giudizio negativo di un personaggio universalmente considerato discutibile. I premi come detto a Polanski sono arrivati lo stesso e lui non sembra essere particolarmente preoccupato da ipotesi di arresto. Presumibilmente guarderà con attenzione ed interesse all’evoluzione francese del movimento #MeToo e della normativa sul tema dell’estradizione.
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