Ripresa e privacy: come bilanciare

Già da molte settimane il Governo sta lavorando alla pianificazione della ripresa del paese dopo il quasi completo stop imposto a causa dell’emergenza Coronavirus. Tutti concordano –chi più, chi meno- sul fatto che il percorso verso la normalità deve essere intrapreso gradualmente, affiancando dunque alle riaperture delle attività alcune misure fondamentali per ridurre al minimo il rischio che la curva dei contagi possa tornare ad impennarsi.

A questo proposito, molte discussioni sono state sollevate attorno alla proposta di introdurre una particolare app per telefonini, denominata “Immuni”, volta a rintracciare eventuali contatti degli utenti con persone rivelatesi, in un secondo momento, infetti.

Inizialmente si era fatta avanti l’idea di rendere tale application obbligatoria per tutti i cittadini: così, chiunque si fosse rifiutato di scaricarla sul proprio dispositivo non avrebbe avuto il permesso di uscire di casa.

Come è ovvio che sia, un tale provvedimento ha suscitato forti critiche e perplessità, in quanto percepita da molti come ingiustificata ed eccessiva limitazione del diritto alla privacy.

Forse proprio in ragione di queste osservazioni negli ultimi giorni è stato chiarito dalle autorità che l’app “Immuni” sarà introdotta, ma il suo utilizzo sarà facoltativa. Pertanto, la scelta se scaricare o meno l’application istituita presso il Ministero della Salute spetterà al singolo cittadino e al suo senso sociale, senza la minaccia di limitazioni di movimento o di sanzioni giuridiche.

Così, anche se tale annuncio ha rassicurato molte delle persone che avevano palesato la propria indignazione per una misura così invasiva, il dibattito circa la regolarità e la costituzionalità dell’utilizzo dell’app non perde di rilievo e, di conseguenza, sembra utile delineare in breve il funzionamento di “Immuni”, così da poter analizzare con più consapevolezza l’impatto che essa avrebbe sulla nostra sfera personale.

Innanzitutto l’application ideata dal Governo non sarà idonea a geolocalizzare i singoli individui. Quindi il tracciamento dei dati, solo se necessari al contenimento dei contagi, sarà possibile soltanto col filtro dell’anonimato o dell’uso di pseudonimi.

Pertanto sembra essere stata accolta la posizione di Antonello Soro, Presidente del Garante per la protezione dei dati personali, il quale aveva affermato settimana scorsa che una qualsiasi forma di sorveglianza H24 avrebbe cozzato col dettato costituzionale.

Inoltre, aspetto di pari importanza, il Governo ha garantito che l’utilizzo di “Immuni” e il trattamento dei dati da essa raccolti cesseranno alla fine dello stato di emergenza e che tutte le informazioni raccolte saranno comunque cancellate da ogni server entro e non oltre il 31 dicembre del 2020.

Queste parole dovrebbero essere sufficienti a scongiurare l’eventualità che qualcuno possa accedere in futuro ai dati dei cittadini per motivi non collegati a quelli riportati all’interno del decreto.

In sintesi, facendo tra l’altro riferimento a quanto sta attualmente accadendo in altri paesi del mondo, ribadiamo che l’Italia appare riservare parecchia attenzione alla tutela della privacy della popolazione, senza dimenticare che il tracciamento dei movimenti potrebbe rivelarsi fondamentale per l’immediata individuazione di ipotetici diffusori del virus.

In conclusione pertanto, ci sentiamo di affermare che le modalità di funzionamento dell’app sia proporzionali allo scopo perseguito – quello della tutela della salute- e che, conseguentemente, la misura in questione non possa essere tacciata di incostituzionalità in alcun modo, presentandosi anzi come un mezzo necessario per permettere la riespansione di tutti quegli altri diritti e quelle altre libertà che ci sono stati compressi sin dall’inizio di marzo.

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