In Francia, a causa della massiccia presenza di milioni di immigrati di seconda e terza generazione (e anche oltre), vi è ormai da lungo tempo il problema, seppur un problema non dovrebbe essere, della convivenza tra credenti cattolici e musulmani.
Aldilà dei temi legati al terrorismo ed agli estremismi che questo fenomeno porta con sé, si riscontrano comunque situazioni riconducibili a questo dualismo religioso che sono più latenti ma non per questo meno preoccupanti per la difesa e la protezione dell’unità dello Stato e dell’Ordinamento giuridico, principi solennemente sanciti dal primo articolo della Costituzione francese del 4 ottobre 1958.
Il Presidente della Repubblica Emmanuel Macron è infatti tornato negli ultimi giorni a parlare, stigmatizzandolo, di quello che viene comunemente conosciuto come “separatismo islamico”. Questa espressione sta ad indicare il progressivo distaccarsi delle comunità di fede musulmana dal tessuto sociale circostante, con la simultanea costruzione di una propria struttura autonoma, parallela a quella dello Stato, nella quale trovano sempre più spazio le leggi dettate dal Corano, a dispetto di quelle imposte dal Parlamento.
Secondo alcune indiscrezioni provenienti da Parigi, il campanello di allarme è dovuto alle numerose segnalazioni ricevute dal Presidente Macron da parte del DGSI, l’organi dei servizi segreti interni. Il contenuto di questi documenti è in verità ricoperto dal segreto di Stato, tuttavia vi sono opinioni abbastanza concordanti ed uniformi su quanto si può leggere in essi. Oltre a ciò, “Le Journal du Dimanche”, un settimanale d’Oltralpe pubblicato ogni domenica, è entrato nel gennaio scorso in possesso di uno di questi materiali, contenente indicazioni notevolmente dettagliati riguardo ai territori all’interno dei quali lo Stato francese ha quasi ormai del tutto perso il controllo e la conseguente sovranità.
Vi sono pertanto circa 150 quartieri in cui la guida e la gestione sono pressocchè completamente nelle mani delle autorità religiose islamiche le quali, imponendo ai ragazzi del luogo lo studio degli insegnamenti di Allah e l’assidua frequentazione delle moschee e allo stesso tempo dirigendo integralmente la vita pubblica quotidiana delle comunità, si sono in pratica sovrapposte alle figure politiche ed amministrative della Repubblica, costituendo quindi, come già ampiamente ribadito, una minaccia all’unità dello Stato e all’omogeneità del Diritto vigente e applicabile.
Oltre ad evidenziare la problematica in parola, Macron ha anche in mente quali possano essere le iniziali contromisure al fine di ottenere un’inversione di tendenza. Innanzitutto, gli insegnanti di lingua straniera provenienti dall’estero dovranno obbligatoriamente avere un’ottima conoscenza anche della lingua francese. In secondo luogo, saranno previste modalità di stretto controllo del Governo sui programmi da questi affrontati durante le lezioni. Sono state diverse infatti negli ultimi anni le accuse mosse nei confronti dei maestri madrelingua turchi, i quali inculcherebbero ai propri alunni le dottrine professate da Erdogan.
In conclusione, lo Stato sarà in un primo momento tenuto ad effettuare un’attenta vigilanza sulla personalità degli Imam provenienti dalle regioni di fede musulmana e sulla compatibilità dei loro ideali con i principi di una nazione laica e democratica come quella francese. L’auspicio per il futuro, invece, consiste nella formazione di queste guide religiose direttamente in casa, affidando al Consiglio francese del culto musulmano il compito di dar loro un’adeguata istruzione e la relativa certificazione.
Non possiamo sapere allo stato attuale delle cose se questi interventi saranno sufficienti o meno a conseguire l’obiettivo annunciato. Ciononostante vale la pena tentare, dando così la Francia un importante segnale ai propri cittadini, ossia quello di inserire l’unità della nazione e del popolo tra le priorità dell’agenda politica, rivelando dunque una cura ed una premura (non affatto scontate in questo periodo storico) per il dettato della Costituzione.
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