Martin Scorsese rappresenta senza dubbio uno dei maggiori rappresentanti del cinema americano dell’ultimo cinquantennio, avendo egli messo la firma su alcuni dei film più apprezzati dal pubblico e dagli esponenti della critica.
Tra i suoi principali capolavori ricordiamo soprattutto “Taxi driver”, “Quei bravi ragazzi” e “Gangs of New York”, i quali gli sono valsi numerose candidature e diversi riconoscimenti in giro per il mondo.
Tuttavia, gli appartenenti alle ultime generazioni conoscono il genio di Scorsese soprattutto grazie a “The Wolf of Wall Street”, l’irriverente commedia proiettata sul grande schermo nel 2013 che ha visto come protagonista un fantastico Leonardo Di Caprio, il quale ha messo in scena una delle interpretazioni migliori –se non la migliore in assoluto- della sua carriera.
Consci dunque del potenziale artistico che il duo Scorsese-Di Caprio è in grado di sprigionare, parleremo oggi di un’altra pellicola prodotta dalla loro sinergia, “Shutter Island”.
“Shutter Island” è un thriller psicologico uscito nel 2010 e ispirato all’omonimo romanzo pubblicato sette anni prima da Dennis Lehane.
Tutta la vicenda si svolge su un’isola che ospita un centro di ricovero/detenzione per criminali malati di mente. Il sospetto è che i responsabili dell’istituto nascondano qualcosa, molto probabilmente esperimenti chirurgici sul cervello degli internati.
Però, dopo una serie di peripezie avvincenti ed emozionanti, la conclusione del film svela con un colpo di scena inaspettato che il protagonista Edward Daniels –interpretato, nemmeno a dirlo, proprio da Leonardo Di Caprio- non è chi appariva essere, e che tutta la realtà narrata durante lo svolgimento della trama non è altro che una fantasia generata da un assassino disperato che, avendo perso tutta la sua famiglia in un tragico contesto, prova con l’immaginazione a mascherare la natura delle cose e a dimenticare i propri tormenti.
Dunque, al di là della costante presenza di suspense che rende il film parecchio intrigante, attraverso alcune scene particolarmente forti “Shutter Island” si cimenta in un compito alquanto delicato, ossia quello di immortalare le situazioni di disagio e mortificazione nelle quali le persone con disturbi mentali sono costrette a vivere nei centri di ricovero.
Questo stesso tema, seppur declinato in maniera molto differente, ricorre anche nel celeberrimo capolavoro diretto da Milos Forman “Qualcuno volò sul nido del cuculo”, uno degli unici tre film in tutta la storia del cinema ad essersi guadagnato l’Oscar per miglior film, miglior, attore, migliore, attrice, miglior regista e migliore sceneggiatura non originale.
In conclusione, “Shutter Island” rientra di diritto nei maggiori successi di Scorsese, in quanto rispecchia in sé alcune delle caratteristiche fondamentali del regista di New York. Infatti, soffermandosi egli durante tutto l’arco della sua carriera sui temi della violenza e della criminalità, appare molto coerente il tentativo di indagare sulla psiche umana e le sue devianze, le quali talvolta rappresentano la radice e l’origine di gravi e cruenti delitti.
Così l’obiettivo di Scorsese sembra andare oltre la mera rappresentazione di atti biasimevoli e il dolore che ne deriva, bensì consiste anche nel focalizzarsi sui meccanismi mentali che hanno portato alla commissione di tali atrocità, così da tratteggiare una vera e propria genealogia del Male.
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