L’Italia deve adeguare le proprie normative riguardanti le coppie di fatto, sia etero che omosessuale. Sono anni che se ne parla delle prime, senza aver di fatto dato un riscontro ai diritti di chi pur senza un lvero e proprio vincolo matrimoniale vive e condivide la vita con un’altra persona. Al contempo è ormai tempo, come riconosciuto nella maggior parte dei paesi europei e a livello mondiale introdurre il riconoscimento legale per le coppie dello stesso sesso.
La Corte europea dei diritti umani a Strasburgo hanno condannato l’Italia per la violazione dei diritti di tre coppie omosessuali. La quarta sezione della Corte Europea dei Diritti Umani, presieduta dal giudice di designazione italiana Raimondi, pur riconoscendo che la non estensione del fondamentale diritto al matrimonio rimane una scelta legittima degli Stati, afferma però come non sia più ammissibile lasciare queste coppie nel vuoto normativo.
La sentenza della Corte arriva dopo diverse determinazioni del Parlamento europeo in materia, l’ultima del giugno 2015, quando l’Europarlamento ha approvato una relazione in cui si chiede di riconoscere i diritti delle famiglie gay. Non è la prima volta che la Corte europea dei diritti dell’uomo, che non è un organismo dell’Unione europea, emette sentenze su questa materia: nel 2013 aveva condannato la Grecia per aver escluso le coppie dello stesso sesso dalle unioni civili.
Il giudizio è stato emesso nell’ambito del caso sollevato da Enrico Oliari (presidente di Gaylib) e altri contro l’Italia. Si tratta di tre coppie omosessuali, che hanno fatto ricorso a Strasburgo contro l’impossibilità di vedersi riconoscere in patria l’unione. Le tre coppie omosessuali che vivono insieme da anni hanno chiesto ai rispettivi Comuni di residenza di fare le pubblicazioni per potersi sposare ma tale richiesta è stata respinta perché non prevista e non riconosciuta..
La Corte ha considerato che: “La tutela legale attualmente disponibile in Italia per le coppie omosessuali non solo fallisce nel provvedere ai bisogni chiave di una coppia impegnata in una relazione stabile, ma non è nemmeno sufficientemente affidabile“, si legge in una nota della Corte. La condanna riguarda una violazione dell’articolo 8 – il diritto al rispetto per la vita privata e familiare – della Convenzione europea dei diritti umani.
L’Italia ha tempo tre mesi per porre rimedio a tale vuoto, dopodiché la sentenza diverrà definitiva……Chiesa permettendo…….
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