Patrick George Zaky, ragazzo egiziano di 27 anni e attualmente frequentante un Master presso l’Università di Bologna, era ritornato in patria per fare una visita amici e parenti. Tuttavia Zaky, prima di arrivare a Mansoura, sua città natale, è stato intercettato presso l’aeroporto del Cairo dalle autorità egiziane, le quali hanno dato esecuzione ad un mandato d’arresto emesso nei suoi confronti.
Il Ministero dell’Interno del governo egiziano ha confermato che il giovane si tuttora trova in stato di fermo (il quale durerà 15 giorni) e che le forze dell’ordine effettueranno le indagini riguardo ai fatti imputatigli.
Patrick Zaky è noto (e temuto) in Egitto per via del suo ruolo di attivista in difesa dei diritti umani e civili. E sarebbe proprio l’alone di sospetto che circonda il ragazzo ad aver “giustificato” la privazione della libertà inflittagli dalle autorità del luogo. Zaky è infatti stato fermato a seguito delle accuse di istigazioni a manifestazioni di protesta e di propaganda di terrorismo. Tutte queste imputazioni riconducibili (secondo la prospettiva dei massimi poteri egiziani) al suo costante impegno da attivista politico.
Come se ciò non bastasse, gli autori materiali dell’arresto dello studente, secondo quanto riportato dall’Organizzazione non Governativa “Amnesty International”, lo avrebbero tenuto ammanettato e torturato con addirittura scosse elettriche per circa 17 ore, al fine di strappargli una confessione con l’utilizzo dell’intimidazione e della violenza.
Hoda Nasrallah, uno dei legali che stanno occupandosi da vicino del caso, ha rilasciato una dichiarazione in cui sostiene che Zaky è ancora devastato sia psicologicamente che fisicamente dalle percosse subite e che ha richiesto una perizia, con lo scopo di far accertare i danni sofferti e le condotte disumane cui è stato sottoposto.
Questa vicenda, come è giusto e naturale, che sia, ha destato un sacco di attenzioni e preoccupazioni, in Italia e non solo. Infatti, aldilà dei numerosi eventi di solidarietà organizzati in giro per lo Stivale, anche le istituzioni italiane e dell’Unione Europea si stanno muovendo per provare a comprendere meglio la situazione e trovare una rapida e tempestiva soluzione.
Tuttavia il Governo egiziano, al momento, sta rifiutando qualsiasi ingerenza estera, invitando l’Italia e la Comunità Europea a guardar in casa propria, in quanto il ragazzo arrestato non è munito della cittadinanza italiana e dunque non vi sarebbe alcuno spazio per un intervento legittimo da parte delle autorità del nostro paese.
Questa vicenda ricorda purtroppo molto da vicino quella, tuttora irrisolta, di Giulio Regeni, il ragazzo torturato e ucciso al Cairo nell’inverno del 2016 in un contesto molto sospetto e molto simile a quello che sta coinvolgendo Zaky nelle ultime ore.
In conclusione, a prescindere da ciò che sostengono i vertici politici egiziani, quello di Zaky è un caso che riguarda tutto il mondo, poiché la difesa dei diritti umani fondamentali non è certo un tema precluso al Diritto Internazionale. Risulta dunque doveroso un intervento deciso da parte del Governo italiano ed europeo per liberare il giovane studente e scongiurare il pericolo di un’ulteriore tragedia.
Il buon esito di questa vicenda sarebbe inoltre il miglior modo possibile per continuare ad onorare il nome di Giulio Regeni, con la speranza che un giorno, prima o poi, si possa far finalmente luce sulle cause e i diretti responsabili della sua insensata morte.
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