The Last Dance, su Netflix gli ultimi due episodi

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Si era già parlato su La Ragnatela News di The Last Dance, il documentario targato Netflix sull’ultima stagione ai Chicago Bulls di Michael Jeffrey Jordan, quella 1997-1998, quella dell’ultimo titolo. Ieri, lunedì 18 maggio 2020 la serie si è purtroppo conclusa.

La scelta di Netflix è stata infatti, a differenza di come avviene solitamente, di pubblicare ogni lunedì due episodi della serie, per cinque settimane. Una modalità di pubblicazione solitamente riservata ai soli pezzi da novanta, come è The Last Dance.

Sono infatti molti i record che la docuserie con protagonista Michael Jordan ha battuto. Innanzitutto si è affermata come la serie più vista nella storia di Netflix. Non di quest’anno, ma da quando Netflix ha aperto i battenti circa 15 anni fa.

Ha quindi superato capolavori come Narcos e serie che hanno sempre goduto di estrema popolarità, come La Casa di Carta o 13 Reasons Why. Ancor più sorprendente se si pensa che, nonostante sia ormai il secondo sport più diffuso e praticato al mondo dopo il calcio, la pallacanestro ha fan soprattutto negli Stati Uniti. Mentre le altre serie godono della fiducia di appassionati in tutto il mondo.

Un altro fattore che rende sorprendente questo successo di The Last Dance è che la fascia di età affezionata alla figura iconica di Michael Jordan era adolescente principalmente negli Anni Novanta, l’epoca d’oro di Black Jesus. Oggi hanno circa quarant’anni se non di più, un’eta che non è quella a cui solitamente Netflix fa riferimento.

Niente spoiler, anche se si potessero fare.

Come si conclude è ovvio, meno scontati sono i dettagli su quegli anni, le amicizie e le rivalità con i Detroit Pistons, la profonda antipatia con Isaiah Thomas leader dei bad boys del Michigan, altra icona degli Anni Novanta. Una finestra su la Nba dei nostri padri che probabilmente non vedremo mai più.

La conclusione è malinconica come dovrebbe essere dopo una dinastia leggendaria come quella dei Chicago Bulls guidati da Michael Jordan, Phil Jackson, Scottie Pippen e nella seconda parte anche da Dennis Rodman (noto oggi per essere un amico intimo del dittatore nordcoreano Kim Jong-Un). Uno sguardo incredibile anche sui gregari, i ragazzi dimenticati di quella squadra leggendaria.

Uno su tutti: Steve Kerr, oggi allenatore dei Golden State Warriors, un’altra delle squadre più forti di tutti i tempi, che ha scoppiato di talento fino al passaggio di Kevin Durant (forse uno dei pochi al mondo a poter essere paragonato a Jordan come vena realizzativa).

Nel mentre arrivano voci da Netflix che la serie potrebbe continuare andando ad osservare (ammesso che la stessa produzione abbia mandato una troupe a seguire una squadra per una stagione intera, cosa che non si era mai saputa dei Bulls ’97-’98 prima di un paio di mesi fa) un’altra dinastia dello sport americano contemporaneo.

Ah sì, un momento per rivedere le sfide tra Kobe Bryant e Michael Jordan.

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