Donald Trump, dopo aver affrontato il processo per Impeachment, torna a far parlare di sè provocando lo scoppio di un’altra bufera politica e costituzionale. Infatti il Presidente degli Stati Uniti ha recentemente decretato la concessione della grazia a sette persone e la commutazione della pena ad altre quattro.
Non sono stati ancora rivelati alla stampa ed al popolo le ragioni della decisione presidenziale, tuttavia il sospetto che queste ultime siano riconducibili a favori personali che nulla hanno a che vedere con i principi della Giustizia e della Costituzione sono molto forti.
A farsi portavoce di tutti quei pensieri che convergono in questa direzione è stato il New York Times. Il celeberrimo quotidiano fondato nella Grande Mela ha infatti descritto l’atto del Presidente come un tentativo di ripulire la fedina penale di una serie di uomini ricchi, famosi e bianchi.
Aldilà della sfumatura razziale ravvisata, a torto o ragione non si sa, è chiaro come l’opinione pubblica sia alquanto concorde sul fatto che le grazie e le commutazioni di pena in questione siano state concesse soltanto al fine di garantire un trattamento preferenziale a persone che, in un modo o nell’altro, provengono dallo stesso ambiente economico e sociale in cui è cresciuto e vissuto lo stesso Donald Trump.
In particolare, tra i reati commessi dai soggetti che hanno beneficiato del decreto presidenziale possiamo trovare: frode fiscale, illecita speculazione finanziaria, falsa deposizione innanzi agli agenti della FBI e corruzione.
Come è ovvio che sia in questi casi, a maggior ragione ora che le nuove elezioni presidenziali sono all’orizzonte, moltissimi addetti ai lavori sostengono che in cambio della concessione di queste grazie, i condannati ora in libertà avranno l’obbligo (almeno morale) di schierarsi, esercitando il proprio peso e la propria influenza, a vantaggio della riconferma del tycoon alla Casa Bianca.
Appare altrettanto normale, tuttavia, dubitare della saggezza di questa tattica. Abbiamo infatti già ampiamente menzionato le perplessità del popolo americano sulla legittimità o, quantomeno, sulla giustizia di questo provvedimento. Non è dunque poi così difficile immaginare che, politicamente parlando, questa decisione possa in futuro ritorcersi contro lo stesso Trump, allontanando ancor di più la fiducia della gente da lui e dal suo modus operandi.
Questa non è nemmeno la prima volta che il nome di Trump viene associato a concessioni di grazia ritenute indebite ed ingiustificate. Qualche mese fa, in chiusura del 2019, il Presidente aveva garantito lo stesso privilegio, ignorando completamente le forti opposizioni provenienti dal Pentagono, a tre esponenti dell’esercito americano condannati per crimini di guerra.
Tutti questi atti rivelano l’assoluta noncuranza di Trump nei confronti dei principi fondamentali dell’Ordinamento Giuridico statunitense. Conscio di questa situazione, il Procuratore Generale Barr starebbe ultimamente pensando addirittura a rassegnare le dimissioni dal proprio ruolo, accentuando dunque la distanza e la frattura tra le Istituzioni e l’operato del Presidente.
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