Umberto Bindi, un grande della musica ghettizzato ma mai dimenticato

È morto nel 2002  in un ospedale romano Umberto Bindi; il cantautore aveva 70 anni e da tempo soffriva di cuore. Ha vissuto gli ultimi anni della sua vita in povertà. Bindi ha pagato duramente, con l’emarginazione dal mondo dello spettacolo  le sue scelte coraggiose di visibilità e sincerità, anche con il suo pubblico. Oltre ad alcune fra le più belle canzoni italiane, ci ha lasciato un esempio di coerenza con se stesso e con chi amava.

Non sono serviti a molto gli sforzi di Renato Zero, Pippo Baudo e, sopratutto, il suo grande amico Gino Paoli. Negli ultimi tempi  gli era stato riconosciuto il vitalizio previsto dalla legge Bacchelli, per gli artisti in difficoltà, ma tutto questo non aveva attutito  i colpi subiti in tanti anni di indifferenza e ghettizzazione. Ha pagato duramente, sulla sua pelle, il fatto che la sua omosessualità fosse di dominio pubblico.

Umberto Bindi nato a Bogliasco il 12 maggio del 1932, inizia nella scuola genovese con Paoli, Lauzi, Tenco. Si diploma in pianoforte al Conservatorio e scrive la sua prima canzone (“T’ho perduto”) nel 1950. Del 1959 è il suo primo grande successo, “Arrivederci”. Primo LP  nel 1960 con “Umberto Bindi e le sue canzoni”, ma il suo capolavoro, “Il nostro concerto“, è incluso nell’album del 1961, intitolato col suo nome. In quell’anno partecipa al Festival di Sanremo con “Non mi dire chi sei”. “Il mio mondo“, del 1964, diventa un successo internazionale nella versione in inglese di Cilla Black. Ma è già iniziato, purtroppo, il lungo periodo buio della sua carriera, segnato dall’ostracismo causato da un’omosessualità non esibita ma nemmeno nascosta. Partecipò alla prima diretta tv sull’omosessualità, su Raitre. nel  1991 – dice. Il programma, si aprì con Bindi che cantava una delle sue memorabili canzoni.  Umberto Bindi  ha rappresentato un po’ l’immagine di quello che era un tempo l’omosessualità. Un fatto personale da nascondere, una cultura  omofobica e di chi ha paura del diverso”.

Ultimi brani noti furono Io e il mare”, passando anche per “Letti” con la quale viene sancita la sua ultima esibizione al Festival di Sanremo accompagnato dai New Trolls. “Un autore che venne cantato in tutto il mondo, da Dionne Warwick, Tom Jones e Robert Plant dei Led Zeppelin.

L’emarginazione ebbe il suo epilogo nel 1989, con l’allontanamento dal Festival di San Remo. Come autore firma – con Nisa e Franco Califano – l’ormai classica “La musica è finita”, ma come interprete è relegato in un anonimato quasi totale, interrotto solo dalla partecipazione al Festival di Sanremo del 1996, con “Letti”, (*)presentata insieme ai New Trolls. Scompare, povero e malato, il 23 maggio del 2002.
La sua ultima canzone (peraltro non ammessa a Sanremo)

C’è voluto tempo (per imparare a vivere da solo)

È rimasto il sorriso,
quando il peggio è passato.
Non ho mai dimenticato,
anche se non parlo mai.
Arrangiandomi a convivere
con le piccole abitudini,
grandi gesti, grandi drammi
non ho meditato mai.
Ho accettato, ma che altro vuoi fare?
Circostanze costrittive ed amare,
ripetendomi, ogni tanto:
“Forse non finisce qui”.
C’è voluto tempo
per imparare a vivere da solo,
così difficilmente solo,
sopravvivere ai ricordi fuori della verità.
E quanto tempo
per ricordarti senza stare male,
e in questo tempo sempre uguale,
fare a meno di pensarti, era la serenità.
Anche quando la vita
corre sulle tue dita,
non puoi sempre disegnarla
come la vorresti tu.
Le parole ti travolgono,
le occasioni non ti cercano,
e anche dire: “Avrei dovuto”,
oramai non serve più.
C’è voluto tempo
per imparare a vivere da solo,
così difficilmente solo,
con un filo di speranza, con un mare d’ansietà,
per un amore
leggero e allegro come un aquilone,
legato in cima a una canzone,
per non aspettare solo e non rinunciare mai.
E mi è rimasta una canzone
per non aspettare solo e non rinunciare mai.

Sua ultima apparizione in un Sanremo riapacificatore, grazie a Renato Zero e Pippo Baudo, accompagnato dai New Trolls (*).

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