Sono oltre 3 miliardi in tutto il mondo le persone che hanno accesso ad internet, ed è proprio per incrementare questo numero che molte aziende in tutto il mondo continuano a lavorare per offrire l’accesso alla rete e le opportunità offerte da internet ad una maggiore quantità di persone, aggirando il problema dell’assenza di infrastrutture necessarie, sfruttando progetti alternativi che spaziano dai palloni aereostatici di Google, ai droni attualmente in lavorazione da Facebook che, in futuro, potrebbero assicurare una maggiore copertura delle
reti internet per raggiungere anche i territori più disagiati.
Se da un lato continua a crescere il numero di utenti che accedono alla rete, non sembrano diminuire i pericoli che si celano sul web, a causa dell’attività frenetica di cyber-criminali che studiano metodi sempre nuovi per rubare preziosi dati di utenti comuni e aziende, creando spesso ingenti danni economici, nonostante il continuo lavoro di società specializzate in sicurezza informatica per identificare le minacce maggiori in modo da ridurre i rischi per gli utenti. L’attività dei cyber-criminali, tuttavia, continua a mietere vittime in tutto il mondo, e se da un lato la tecnologia può fare tanto per complicare i lavoro dei malitenzionati, spesso e volentieri sono proprio le debolezze degli esseri umani le principali cause del furto di dati sensibili, almeno stando agli ultimi dati diffusi da Verizon.
Ancora una volta la società Verizon ha pubblicati i risultati del Data Breach Investigations Report 2016, che analizzando 2260 violazioni e oltre 100.000 incidenti di sicurezza informatica che si sono verificati in 82 paesi del mondo, ha permesso di fare il punto della situazioni sui pericoli più diffusi su internet, e sulle cause che consentono ai cybercriminali di accedere ad una mole enorme di dati sensibili, guadagnando a discapito degli utenti che cadono nella loro rete.
In base ai dati diffusi da Verizon, risulta che l’89% degli attacchi informatici ha obiettivi finanziari o di spionaggio, ma è proprio sulle debolezze umane che fanno leva molti di questi attacchi. Nello specifico, pare che il 63% delle violazioni analizzate sia da attribuire all’uso di password poco sicure, facili da intuire o predefinite, e molti attacchi sfruttano proprio vulnerabilità per le quali sono state rilasciate patch risolutive che, tuttavia, non sono mai state installate nei sistemi infettati.
I dati del rapporto Verizon, confermano inoltre un incremento degli attacchi di phishing e ransomware. Il phishing è quella pratica che trae in inganno l’utente attraverso false email, chiedendo di cliccare su link che rimandano a siti falsi nei quali inserire, ad esempio informazioni bancarie, o chiedono di aprire allegati infetti. Il numero di email di phishing aperte dagli utenti, sarebbe infatti cresciuto del 30% rispetto al 2015. Cresciuti del 16% anche gli attacchi ransomware, che dopo aver infettato PC o smartphone dei malcapitati, blocca l’accesso ai dati chiedendo un riscatto in denaro per poterlo sbloccare.
Altrettanto preoccupante è il dato secondo cui il 93% degli attacchi analizzati ha visto i cybercriminali compromettere un sistema nel giro di pochissimi minuti. Al contrario, per scoprire le vulnerabilità, molte aziende impiegano persino dei mesi, mettendo ulteriormente a rischio la sicurezza dei propri utenti.
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