Sono Kabul e Vienna le città colpite dallo Stato Islamico nel primo lunedì di Novembre, dopo lo sgozzamento avvenuto a Nizza di appena 4 giorni fa, rivendicato da un gruppo tunisino ignoto alle autorità. Il primo attacco, in ordine di tempo, riguarda l’assalto all’università di Kabul, in Afghanistan, che presenta un bilancio di 22 vittime e circa 30 feriti, mentre il secondo riguarda la capitale austriaca Vienna. Il bilancio, qui, è di 4 vittime e 17 feriti, di cui 7 in condizioni critiche, stando alle fonti più recenti.
Qui Kabul, lo Stato Islamico colpisce l’università
A Kabul, la maggior parte delle vittime è costituita proprio da studenti, uccisi a freddo da tre attentatori, in un’operazione rivendicata dallo Stato Islamico, nella frangia di Khorasan. Sommato all’episodio occorso poco più di una settimana fa, in cui un’esplosione kamikaze davanti ad un istituto accademico privato uccise 24 persone, la conta dei morti nella capitale afgana arriva a 46.
Sono le scuole il bersaglio apparente preso di mira dai militanti dell’Isis e non è un caso, trattandosi l’educazione e l’apprendimento di un obiettivo particolarmente sensibile alle mire non solo politiche, ma soprattutto sociali e di indottrinamento religioso perseguite dal gruppo jihadista.
Oltre a ciò, l’attentato potrebbe essere legato alla presenza dell’ambasciatore iraniano all’Università dell’Afghanistan, proprio mentre sono in corso gli accordi tra il governo afghano e i Talebani di fronte ad un tavolo a Doha, in Qatar.
Mentre i Talebani si sono ufficialmente dissociati dall’attacco, il presidente Ghani denuncia i “nemici della conoscenza e del progresso”, in una Kabul che appare sempre più vulnerabile. I due attacchi targati Isis aggiungono un altro problema da gestire, che si aggiunge all’incremento delle tensioni tra il governo ed i Talebani, causa di morti più di 2000 morti violente solo in questo 2020, secondo un rapporto ONU, che ha portato l’Afghanistan a collocarsi all’ultimo posto nel mondo nel Global Peace Index 2020 dell’Institute for Economics & Peace.
Terrore nella notte a Vienna
Tornando in Europa, gli attacchi di Vienna anche qui segnano una tendenza acuita appunto dall’episodio di Nizza e che segna il ritorno della paura dello spettro jihadista. L’attacco di Vienna avviene nei pressi della sinagoga della capitale austriaca, la quale doveva rappresentare l’obiettivo centrale dell’attacco, che poi si è trasformato in una striscia di sangue nella quale l’attentatore in fuga hanno sparato a caso nei locali circostanti.
Per l’Austria si trattava dell’ultima notte di libertà, con il lockdown che scattava alla mezzanotte ed è stato probabilmente questo uno degli elementi semplificatori dell’atto terroristico, con molte persone per le strade e per i locali. Sono stati proclamati tre giorni di lutto in Austria a seguito dell’avvenuto, che ha visto tra le vittime una donna tedesca, due anziani ed un ventunenne macedone.
La caccia ai terroristi è proseguita fino a tarda notte, mentre l’appello a tutti i viennesi di rimanere a casa veniva ripetuto ed inoltrato con ogni mezzo dalle autorità austriache.
Sono in corso le indagini per capire se si tratti dell’azione di un singolo, che è stato neutralizzato e ucciso mentre indossava una cintura esplosiva, poi rivelatasi finta, o se vi fosse il concorso di ulteriori attentatori. Si parla della possibilità che siano ancora tre i soggetti in fuga. Altri tre soggetti sono stati arrestati nelle ore più recenti, due a St. Poelten ed una a Lienz, ma ancora il legame con la sparatoria non può dirsi certo.
L’attentatore era un ventenne con cittadinanza austriaca, incarcerato nel 2019 per aver provato ad unirsi all’Isis, ma rilasciato dopo 11 mesi, usufruendo di un programma di scarcerazione per giovani rei.
Il cordoglio e la denuncia dell’atto sono stati unanimi da parte di tutta la comunità europea e non solo. Hamas ha immediatamente condannato il gesto, sottolineando peraltro la vicinanza palestinese al paese colpito e lo stesso ha fatto Al-Azhar, il più influente centro teologico e universitario dell’islam sunnita, e il suo Grande Imam, Ahmed Al Tayyib. Macron, invece, prepara l’attacco, sottolineando come “i nostri nemici devono sapere con chi hanno a che fare”, mentre arriva anche l’appoggio di Putin, nella battaglia contro l’islam radicale.
La paura del terrorismo torna a farsi sentire, inserendosi in un contesto che ne amplifica decisamente le vibrazioni nervose.
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