Il cuoco che non poteva cucinare

Bartolomeo Scappi era un cuoco del 1500. Dopo aver lavorato per molti cardinali fu finalmente assunto per dirigere le cucine papali. Giunto a Roma, Scappi scoprì presto che quel lavoro che avrebbe dovuto rappresentare il punto di arrivo più alto del suo percorso era in realtà ben diverso da come lo aveva immaginato: Papa Pio V era un asceta, famoso per la sua scelta di votarsi all’umiltà e per i suoi grandi digiuni e a tavola era bandito qualsiasi vezzo o elaborazione culinaria.

Il cuoco, a cui era stato impedito di fare ciò che sapeva fare meglio, invece di lasciarsi aggredire dallo sconforto nella sua cucina dai fuochi spenti, fece una scelta coraggiosa: decise di non lasciarsi abbattere e sfruttare in modo originale tutto quell’amore per il cibo e la cucina che sentiva dentro.

Fu così che decise di comporre l’Opera, un grande trattato di gastronomia che comprendeva oltre mille ricette, una ricca lista degli strumenti necessari e tutto ciò che un cuoco di alto livello avrebbe dovuto conoscere. Nella sua opera che anticipa molte delle basi della cucina italiana moderna, troviamo la prima rappresentazione di una forchetta della storia, la definizione del Parmigiano come il miglior formaggio del mondo e addirittura i piatti preparati con gli ingredienti importati dalle Americhe.

Il suo trattato non è solo uno dei documenti più importanti della storia culinaria occidentale ma è anche la prova che spesso, proprio nelle difficoltà, possono nascere le intuizioni più belle.

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