Chiamarle botteghe è riduttivo. Le nuove boutique alimentari sono il risultato della consapevolezza post pandemia dell’importanza della filiera alimentare, dell’attenzione ai prodotti e ai produttori e ad un ritorno di sapori che avevano solo quelle realtà di quartiere come punto di riferimento per la spesa, quella di qualità.
Così nasce Aventina, in un quartiere non quartiere, su una strada di passaggio attraverso la storia di Roma, tra il Colosseo e la Piramide, vicino al Circo Massimo e alla FAO, ma con il carattere deciso di un nuovo punto di riferimento.
Le ampie vetrate lasciano scorgere un negozio ben organizzato, luminoso, con tutti i prodotti a vista per la scelta. Dal lungo bancone con i prodotti freschi, alla credenza con tante proposte da acquistare. Le carni selezionate e attentamente frollate, i formaggi e i salumi dei presidi Slow Food, il pane fragrante… l’insieme dell’artigianalità. Come era un tempo, dove si conosceva il gastronomo che ti faceva assaggiare il prodotto appena arrivato, ti consigliava sull’acquisto migliore, riscoprire il valore del gusto e delle relazioni umane.
L’idea è partita da Andrea Ceccarelli, imprenditore nel settore immobiliare che ci ha visto lungo sull’idea di raccogliere diverse eccellenze sotto una unica insegna di riferimento e offrire anche un ristorante per degustare i piatti preparati con i prodotti in vendita.
A trasformare le eccellenze direttamente per la tavola ci pensa lo chef Matteo Militello, già conosciuto nel panorama romano per la sua esperienza e la sua abilità nel lavorare le carni.
Matteo ha la mano della memoria, dei ricordi di bambino, di quelli di una nonna che faceva la sfoglia, che “capava” la verdura raccolta e che cucinava piatti semplici ma conditi con amore.
Lo chef da Aventina ha un ventaglio di prodotti di alta qualità da proporre ai clienti, anche come idee da replicare a casa dopo l’acquisto, consigliando il meglio.
La parte della macelleria è sicuramente un punto esclusivo di ricerca per il punto vendita e Matteo Militello ha fornito un supporto notevole.
“In passato sono andato a caccia e ho capito cosa significasse rispettare l’animale e l’ambiente. Questa pratica è fondamentale e, insieme all’etica, costituisce un unico filone che migliora la vita dell’animale, ha un minore impatto sulla natura e perfeziona notevolmente le produzioni”. Ci confida Matteo, che nella fase di pre-opening ha svolto un notevole lavoro rintracciando allevamenti senza impiego di OGM o antibiotici, piccole fattorie che valorizzano il rapporto uomo-animale dove non esiste lo stress favorendo così la resa di carni e latte. C’è la Fassona piemontese di Oberto, una razza allevata tra le province di Cuneo e Torino, esclusivamente capi femmina che vantano una naturale distribuzione del grasso per una carne più tenera e saporita. Si assiste al grande ritorno del Coniglio che è pressoché scomparso nei menu di molti ristoranti, in questo caso di razza grigio di Carmagnola. Non mancano poi la Sashi di origine finlandese o la Rubia Gallega come massima espressione della carne spagnola.
“Negli anni si è persa la piacevolezza della masticazione della carne -spiega Matteo – per colpa dell’allevamento intensivo: le bestie non camminano più e non stando all’aria aperta non sviluppano muscolo. La scioglievolezza, fatta esclusione per le grandi tecniche di frollatura, non è un pregio, anzi. L’animale deve invece avere una vita dignitosa, muoversi senza restrizioni in uno spazio giusto, dove la terra e la natura circostante possano assorbire tutta la parte inquinante che esso stesso genera. Basti pensare che gli allevamenti di bovini producono più gas serra dei trasporti!”.
Proposte internazionali scelte come la Black Angus o il manzo Wagyu-Kobe.
Tecniche di cottura come il broiler che garantiscono alla carne una cottura salutare e un gusto inconfondibile, abbinate alla metodologia a bassa temperatura per le carni che necessitano invece le più lunghe .
Per chi però non predilige la carne, per ogni voce del menu è presente almeno un piatto di pesce con referenze da dispensa integrate con gli arrivi giornalieri del miglior pescato, tra i quali i Tagliolini, mandorle e colatura di alici, il Baccalà Roma-Livorno andata e ritorno oppure, in versione antipasto, il Baccalà, acqua di olive leccino Agnoni, ciliegia caramellata e chutney di fico.
Non mancano le portate vegetariane, tra le quali il Gazpacho di parmigiana e le Polpettine di verdure arrosto con crema di fagiolini e datterini gialli.
Continuando il percorso invece sul banco troviamo i salumi, prosciutti tagliati a mano, quattro italiani e uno spagnolo, il celebre Jamòn Joselito, considerato il miglior prosciutto al mondo. La Toscana è ben rappresentata con i suini di Cinta senese di Casamonti, piccola realtà sperduta sulle colline dove i maiali vivono allo stato semibrado, mentre dall’Antica Norcineria proviene il Prosciutto Bazzone, uno dei presìdi Slow Food della regione. Nella zona della Tuscia è stato rintracciato Fabrizio Nocci, maestro del prosciutto di Mangalitza di Villa Caviciana.
Tra gli altri pregiati insaccati artigianali dalla Puglia proviene il Capocollo Santoro di Martina Franca, il crudo di San Daniele del prosciuttificio Camarin, una delle migliori Dop nella località friulana. Dalle Alpi si passa poi alle “piramidi”, con i formaggi siciliani de La Paisanella, azienda all’interno del Parco dei Nebrodi, che fornisce il canestrato, la ricotta salata e quella infornata.
Non poteva mancare una realtà amata da tutti : la pasta.
Sia fresca del pastificio Mauro Secondi, che secca dell’ abruzzese Zaccagni o campana Gemme del Vesuvio e Vicidomini.
Fiore all’occhiello lucano è MAB (Masseria Agricola Buongiorno) che si occupa della produzione e trasformazione del Peperone di Senise IGP,realizzando persino il ketchup di peperone crusco!
Dell’azienda agricola pugliese Paglione sono i pelati raccolti a mano, inscatolati in purezza oppure lavorati come passata tra cui la Prunill, dal dialetto prun ovvero protuberanza, una varietà autoctona dalla texture setosa e dal sapore intenso, impiegata anche dietro al bancone del cocktail bar per lo special Bloody Mary di Aventina.
Tra le eccellenze del mondo vegetale non potevano mancare Morgan e Agnoni, che hanno dedicato una esclusiva linea firmata Aventina venduta naturalmente in bottega e utilizzata anche nei piatti del ristorante.
Ampio spazio si è dedicato anche alle etichette che sono ben 250, cantina curata da Gabriele Giannattasio.
Vasta selezione per i rossi italiani , che ben si abbinano con i piatti di carni e salumi e attenzione anche all’estero tra Francia, Slovenia e Germania.
Ma anche birre artigianali del Birrificio Lariano e la miscelazione che valorizza il made in Italy, con una ristretta selezione di gin, grappe, rum e amari tutti italiani, tra i quali l’introvabile liquore al carciofo di Agnoni o ancora i soft drink del Südtirol.
Immancabili bollicine anche per aperitivi o naturalmente per pasteggiare con Franciacorta di Ricci Curbastro e di Ca’ dei Pazzi, Trento Doc, Ferrari. Sul versante francese, Dom Pérignon, Krug, Ruinart e Perrier-Jouet.Tutte, naturalmente tutte anche da poter acquistare.
Dulcis infondo per i più golosi non potevano mancare i dessert: dal Cannolo siciliano di Piana degli Albanesi farcito con ricotta di pecora, all’omaggio allo chef bistellato Francesco Bracali con il Cappuccino tiramisù, ma anche il buonissimo dolce al cucchiaio Crema di latte Salvaderi, composta di albicocche e crumble al cioccolato e sale, oltre alla linea di pasticceria dedicata in esclusiva ad Aventina dalla vicina Casa Manfredi.
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